martedì 5 luglio 2011

Il castello di martedì 5 luglio



SAN FELICE A CANCELLO (CE) - Castello di Matinale

Sorge sulla collina di Cancello, a circa 212 metri di altezza sul livello del mare, lungo il tratto stradale Napoli-Roma (si vede dall'autostrada). Le notizie storiche del sito del castello sono molto scarne e controverse, soprattutto quelle relative alla sua fondazione. Il suo fondatore fu, intorno all'839, il longobardo Rudovaco che, prima di morire, ne fece dono al conte di Acerra, Cullezio. Secondo la tradizione il conte, nel tentativo di unire l'edificio, tramite un cunicolo sotterraneo, al castello del suo feudo, provocò il crollo di un'intera ala della costruzione. Non fece in tempo a porre rimedio al danno perché morì nella battaglia di Sclavi, combattuta al fianco di Landone di Capua. A ricostruire il castello fu il normanno Ramperto che di lì a poco, però, ne ordinò la distruzione. L'edificio fu riedificato in occasione del matrimonio di Margherita, figlia naturale di Federico II, che aveva sposato Tommaso II d’Aquino. Successivamente il figlio primogenito della coppia ebbe l’appannaggio della metà dei proventi derivanti dalla valle di Suessula e dal castello del Matinale di Cancello. La fortificazione fu al centro delle lotte tra Angioini e Durazzeschi quando questo territorio fu saccheggiato e bruciato. Uno dei pochi documenti conservati ne testimonia il possesso da parte di Iacopo Bianco, nipote del cardinale Gerardo Bianco, vescovo di Sabina. Il presidio fortificato era ancora attivo nel secolo XV, quando nel 1412 il passo di Cancello fu tenuto da Pietro Origlia. Nel 1437, durante la guerra per la successione al trono tra Angioini e Aragonesi, fu occupato da Giacomo Caldora e Giovanni Vitelleschi, che aveva fatto prigioniero Giovanni Antonio Del Balzo, principe di Taranto e conte di Acerra e l’aveva tenuto rinchiuso nel castello. Dal 1443 al 1460 Giacomo Candida di Benevento fu Castellano del Castello di Cancello, quindi il Castello, fu per un certo tempo Feudo degli estinti Duchi di Maddaloni. Nel periodo del brigantaggio il Castello divenne il regno del brigante Mucusiello e ricovero di bande che, sempre con maggiore insistenza, funestavano le terre del Regno di Napoli. Debellato il brigantaggio il castello in seguito passò ai d’Aquino, principi di Caramanico. Lo stato di abbandono, insieme ai fenomeni naturali, nel corso dei secoli determinò diversi danni e crolli. Infatti, nel XVIII secolo, le strutture superstiti della fortificazione furono parzialmente mutate in abitazione rurale con tutti i servizi annessi. Il castello fu nuovamente al centro di fatti storici durante il periodo napoleonico quando il generale Championnet lo sottrasse alle truppe avversarie senza usare l’artiglieria pesante per non distruggere l’antica struttura fortificata, dando successivamente l’ordine di inserirla fra le opere di interesse artistico che il Lavignj stava redigendo per Giuseppe Bonaparte, re di Napoli. Nel 1943 il Castello fu sede dei Comandi della Quinta e della Settima armata delle truppe alleate. Il Colonnello Spencer J. Braw grande disegnatore e appassionato di opere d’arte, preparò degli schizzi del Castello esposti in seguito a New York nel 1949, ad una mostra di monumenti dell’Italia meridionale. Per successione femminile il castello e la collina circostante sono passati alla famiglia Barracco, che ancora ne detiene il possesso. La fortificazione si estende su un area di mq 860 circa, racchiusa da un perimetro di m 170 circa; ha una impianto geometrico regolare di forma quadrangolare con il lato interno di m 26 circa, con poderose torri quadrate dal lato di m 7 circa nei quattro angoli ( in corrispondenza dei punti cardinali), più una quinta torre della stessa forma ubicata nei pressi della postierla che si apre sul lato nord. La collocazione del castello rispondeva ad una esigenza strategica di controllo delle strade che da Napoli e Capua, attraverso il passo di Cancello, si dirigevano una verso la valle Caudina, Benevento, il Sannio e la Puglia, e l’altra che, costeggiando il versante nord della piana nolana, si dirigeva verso Avellino e Salerno. Sulla sinistra del lato che guarda a sud-ovest, accanto a una torre, è visibile l'ingresso, segnato da un arco a ogiva. Una delle torri presenta al suo interno una stanza con intonaco affrescato alla maniera pompeiana, secondo la moda che si diffuse nelle dimore della nobiltà sul finire del XVIII secolo, all'indomani della scoperta di Ercolano e di Pompei. L’impianto del castello si rifà dunque ai canoni fondamentali dell’architettura di epoca sveva, con una struttura pressoché modulare. La disposizione degli ambienti originali si adattava alla rigida struttura geometrica determinando una spazialità ed una funzionalità che si articolava principalmente in rapporto al cortile interno quadrato che serviva da area di smistamento e di raccordo delle diverse funzioni. La struttura fortificata, pur conservando molto delle originarie caratteristiche di epoca sveva, attualmente si presenta in condizioni molto precarie; gli elementi maggiormente significativi e strutturalmente consistenti sono le cinque torri, la cortina muraria esterna e gli ambienti sotterranei posti sul lato sud-est. Uno degli elementi meglio conservati è la torre del lato nord-est, avente la funzione di mastio, che si articola su quattro livelli più la copertura. Le finestre sono caratterizzate da architravi in monoblocchi di pietra sagomati ad archi di diverse forme, e spesso sono utilizzati anche blocchi di tufo sagomati che hanno la funzione statica dell’architrave benché presentino una forma curva. Oggi questo imponente fortilizio è in stato di abbandono e non è facile da raggiungere se non da qualche appassionato escursionista.

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