venerdì 25 novembre 2011

Il castello di venerdì 25 novembre



SAN VINCENZO VALLE ROVETO (AQ) - Castello Piccolomini in frazione Morrea

Edificato dai Piccolomini sul finire del ‘400, costituisce un bell’esempio di rocca rinascimentale marsicana insieme con quelle di Balsorano, Scurcola, Avezzano e Ortucchio. Di esso rimangono notevoli resti del recinto con bastioni semicilindrici sugli spigoli e torre-mastio interna: si notano risistemazioni esterne settecentesche e, nell’interno, interventi successivi al terremoto di Avezzano del 13 gennaio 1915, in seguito al quale nella fortezza crollarono i solai e una torre. L' antico maniero è stato per molti secoli, oltre che residenza estiva dei signori dell'epoca, anche sede di un'importante guarnigione militare, pronta ad intervenire in caso di difesa del paese e della sottostante vallata, grazie anche ai camminamenti che lo collegavano al borgo abitato. Come ogni castello medioevale, anche quello di Morrea è avvolto da leggende: streghe, fantasmi e macabre apparizioni lo rendono ancora oggi misterioso e affascinante. Nel medioevo Morrea viene citata a più riprese dagli storici. Nel 1234 vi venne istituito il Giustizierato d'Abruzzo. Nel 1415 fu nominata nelle lotte per il suo possesso fra le famiglie principesche romane, gli Orsini e i Colonna, che se la contesero per la sua importante posizione strategica. In seguito passò sotto la dominazione del Re di Napoli. Nel 1489 la Baronia di Balsorano, comprendente anche Civita d'Antino e Morrea, divenne possesso della famiglia Piccolomini a seguito del matrimonio di Antonio Piccolomini, nipote di Papa Pio II e di Maria, nipote di Ferdinando re di NapoIi. Dopo il sisma sopra citato, il castello, danneggiato, andò in rovina ma fu comunque scenario di episodi bellici come nel 1944 quando venne attaccato da una squadra tedesca. Nel blitz cadde prigioniero il diciannovenne Giuseppe Testa, capodistaccamento di Morrea della Brigata partigiana Marsica. Torturato per 50 giorni, rifiutò di rivelare il luogo dove erano nascosti i fuggiaschi. Venne fucilato ad Alvito l'11 maggio 1944. Purtroppo il mancato intervento delle autorità preposte al recupero artistico di un'opera cosi importante per la storia della zona, e la mancanza di una adeguata manutenzione, hanno ridotto in cattive condizioni l’edificio, oggi assai degradato.

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