martedì 8 gennaio 2013

Il castello di martedì 8 gennaio




SAN CIPRIANO PICENTINO (SA) - Castello di Montevetrano in frazione Campigliano

Sorge sulla sommità della collina omonima, presidio d’osservazione per l’accesso alla Valle del Picentino. Castrum romano sin dal III secolo a. C., tra l’XI ed il XII secolo venne dotato di mura perimetrali, aperte sul lato nord dall’antica porta di accesso. Di forma tipicamente quadrata, ha una torre cilindrica, molto alta e decentrata (posta in un angolo) per tenere sotto controllo i Picentini, colpevoli di aver parteggiato per Annibale. Il mastio centrale è visibile da più punti, per un raggio di circa trenta chilometri quadrati: dalla costa dell’antica Salernum e di Pontecagnano, fino al litorale di Eboli; dall’immediato entroterra, alle forre del fiume Fuorni e più a nord, sino ai confini orientali del territorio anch’esso fortificato, verso Giffoni, Montecorvino e Olevano. Oggetto di allargamenti e modifiche rapportabili alle nuove esigenze difensive del regno in età angioina, il castello viene citato dal celebre storico Carucci come proprietà della nobile famiglia d'Ajello nota alle cronache storiche per la sanguinosa faida che la vide contrapposta, intorno alla metà del Trecento, al clan patrizio dei Santomango. In gioco il controllo del territorio urbano, ma tutto nacque da un ratto in puro stile mitologico. Quello della bella Bianca, promessa sposa di un Santomango, rapita il giorno delle nozze dal rampollo di casa d'Ajello. E rinchiusa dal novello Paride proprio nella torre di Monte Vetrano. Sebbene lo stato dei luoghi non consenta più l’esatta ricostruzione ambientale, dopo tanti secoli, numerose spoliazioni e diversi rimaneggiamenti, è interessante notare la presenza di una “grande cisterna” (documentata e riscoperta di recente da un gruppo di studio nell’aprile 2011). Si tratta un ambiente quadrangolare situato ai piedi della torre, coperto da una volta a botte che porta evidenti segni dell’incannucciato e dell’antico intonaco. Essa era utilizzata per convogliare e conservare le acque pluviali, attraverso un sistema di canali in terracotta collegati al mastio. Al suo interno si trova graffita una stringa di numeri romani IV, XI, LXXXIII. Non a caso una leggenda popolare vuole che dal castello diparta un misterioso e grande canale che arrivava ai piedi della collina, fino a Campigliano. Nel 1867, il castello e le sue adiacenze furono designate quale base di stazionamento dei Carabinieri reali per vigilare sugli accessi alla valle e all’entroterra, contro le bande più o meno organizzate di briganti.

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