giovedì 14 febbraio 2013

Il castello di giovedì 14 febbraio




TORINO - Castello del Valentino (dei Savoia)

E' un edificio storico della città, situato nell'omonimo parco sulle rive del fiume Po. L'origine del suo nome è incerta. Il primo documento in cui compare il nome Valentinium è del 1275; qualcuno fa risalire il suo nome a San Valentino perché le reliquie di questo santo, martire giovinetto del '200, sono conservate dal 1700 in una teca di cristallo nella chiesa di San Vito (sulla collina prospiciente al Parco del Valentino) qui trasferite in seguito alla distruzione di una chiesetta vicina all'attuale parco. Alcuni studiosi affermano che, in un singolare intreccio di memoria religiosa e mondanità, si soleva un tempo celebrare nel parco fluviale torinese, proprio il 14 febbraio (ora festa degli innamorati) una festa galante in cui ogni dama chiamava Valentino il proprio cavaliere. Il castello venne edificato a partire dal XVI secolo come dimora suburbana di “delizia”. La residenza, divenuta proprietà di Casa Savoia, venne ampliata ed arricchita con interventi voluti dal duca Emanuele Filiberto, il duca Testa di Ferro (1528-1580) e dal suo successore Carlo Emanuele I (1562-1630). Questa struttura ospitò nobili famiglie come i Saintmerane, i Cicogna, i Pacelli ed i Calvi, che comprarono sei stanze nel castello. L'edificio deve la sua forma attuale ad una Madama Reale, la giovanissima Maria Cristina di Borbone (sposa di Vittorio Amedeo I di Savoia e figlia di Enrico IV, primo re di Francia, di ramo borbonico), cui venne donato presumibilmente nel 1620. Proprio alla Francia guarda lo stile di questo splendido palazzo: quattro torri angolari cingono l'edificio a forma di ferro di cavallo, con un'ampia corte a pavimento marmoreo. I tetti con due piani mansardati (solo dei falsi piani) sono tipicamente transalpini e tutto lo stile architettonico riflette i gusti della giovane principessa. I lavori durarono quasi 30 anni, dal 1633 al 1660 su progetti di Carlo e Amedeo di Castellamonte: la duchessa Maria Cristina vi abitò fin dal 1630, anno della salita al trono del marito. La prima campagna decorativa del Valentino riguardò l’appartamento del primo piano verso Moncalieri, costituito dalle stanze “Verde”, “delle Rose”, “dello Zodiaco”, “della Nascita dei Fiori”, “dei Gigli” e dal gabinetto “dei Fiori indorato”. I fregi e le volte di questi ambienti vennero ornati da affreschi e stucchi realizzati da artisti di origine luganese, come Isidoro Bianchi (1581-1662) e i suoi figli Francesco e Pompeo, Tommaso Carlone e Carlo Solaro. Questi maestri diedero vita alle invenzioni poetiche, incentrate su temi alchemici e floreali, ideate dal conte Filippo San Martino d’Agliè (1604-1667). Il Salone centrale venne affrescato da Isidoro Bianchi con temi storici che sottolinearono lo stretto rapporto della corte sabauda con il regno di Francia. I lavori di decorazione del castello del Valentino vennero ripresi nel 1642, al termine del drammatico conflitto tra la reggente del ducato sabaudo, Madama Reale Cristina di Francia, e i cognati filo-spagnoli, il principe di Carignano Tommaso Francesco di Savoia e il cardinale Maurizio. All’inizio del sesto decennio del Seicento l’esterno della reggia verso la corte venne modificato con l’aggiunta di un finto secondo piano, utilizzato per celare parzialmente il ripido tetto a spiovente “alla francese” e sul nuovo frontone venne istallata una lapide commemorativa dettata dal retore di corte Emanuele Tesauro (1592-1675). L’intellettuale delineò anche i temi retorici che caratterizzarono le decorazioni delle sale dell’appartamento del primo piano verso Torino, ovvero le stanze “della Guerra”, “del Negozio”, “delle Magnificenze”, “della Caccia”, “delle Feste” e il gabinetto “delle Fatiche d’Ercole”. Per l’occasione vennero richiamati a Torino gli artisti luganesi della famiglia Bianchi che realizzarono le ricche partiture in stucco, nelle quali ebbero una parte determinante anche Alessandro e Carlo Casella, Bernardino Quadri, Elia Castelli e Giovan Luca Corbellino, e si affidarono le pitture ad artisti come Giovanni Paolo e Giovanni Antonio Recchi. Sempre a Maria Cristina si deve lo scenico arco di ingresso sulla facciata con lo stemma sabaudo. Sulla figura della nobildonna francese circolavano voci maligne, che narravano di un Castello del Valentino luogo di incontri amorosi con gentiluomini e servitù che finivano in fondo ad un pozzo gettati dalla nobile amante, la quale sembra che si fece costruire anche un passaggio sotterraneo, vera e propria galleria che attraversava anche il letto del Po, per collegare il Castello alla Vigna Reale, teatro d'incontri amorosi tra lei e il suo consigliere Filippo d'Agliè. Decaduta a partire dalla morte di Cristina di Francia, la residenza ebbe successive destinazioni d'uso. Il 19 dicembre 1805, infatti, il governo francese stabiliva che il complesso fosse assegnato all’esercito e vi fosse insediata una scuola di Veterinaria. Resta traccia di questa pur breve destinazione d’uso nelle decorazioni delle aperture del padiglione sud-orientale che, in origine, consentivano l’accesso alla terrazza di collegamento con il padiglione occidentale. Con la Restaurazione, i Savoia sostanzialmente confermavano l’utilizzo militare della residenza: nel 1824 vi furono insediate due compagnie di Artiglieria leggera, mentre a partire dal 1831 fu sede del neonato corpo Pontieri del Genio, che divideva l’uso degli ex appartamenti reali con la Regia Camera di Agricoltura e Commercio, la quale poteva disporne per organizzare periodiche esposizioni industriali. L’uso militare, ribadito in qualche modo anche dal passaggio della proprietà dell’edificio dalla Corona al demanio dello Stato nel 1850, perdurò sino al 1857, quando, in previsione della VI Esposizione Nazionale dei Prodotti per l’Industria dell’anno successivo, il Ministero delle Finanze, dopo averne approvato il progetto, assegnò l’incarico a Luigi Tonta e Domenico Ferri della complessiva trasformazione del castello, il quale, nell’occasione, acquisì la forma che tuttora mostra, con l'ampliamento delle maniche di collegamento tra le torri. Nel 1859 ospitò la scuola di applicazione per gli ingegneri. L'abbandono del castello, però, ne è stato paradossalmente la sua fortuna: alcune infiltrazioni d'acqua hanno rovinato alcuni affreschi ma nel complesso il disinteresse per il palazzo ne ha conservato intatto il patrimonio di fregi e affreschi delle sale, tutti originali del '600. Oggetto di restauri in questi ultimi anni, il Castello sta ritrovando l'antico splendore. Le sale del primo piano vengono riaperte una ad una e ospitano uffici di rappresentanza della Facoltà di Architettura. Il 12 maggio 2007 ha riaperto la splendida sala dello Zodiaco, col suo affresco centrale che raffigura mitologicamente il Fiume Po con le fattezze di Poseidone. Oggi è sede distaccata del Politecnico di Torino. Un'area di 27.000 metri quadrati a sinistra del Castello è occupata dall'Orto Botanico, fondato da Vittorio Amedeo II nel 1729, che comprende numerose piante rare ed è fornito di ampie serre, un erbario e di una Biblioteca, dove sono conservate preziose tavole botaniche del XVIII secolo.

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