mercoledì 27 febbraio 2013

Il castello di mercoledì 27 febbraio





OFFIDA (AP) - Rocca

Secondo alcuni storici, Offida già nel VII secolo era un centro di una certa importanza, sede di un Gastaldato. Dello stesso ci sarebbero tracce in epoca carolingia e sotto il Sacro Romano Impero quando la città assunse grande rilevanza. Al 1039 risale la prima testimonianza storica certa, quando Longino d'Azone cedette all'Abbazia di Farfa il castello di Ophida. Nel 1261 una bolla di Papa Urbano IV confermò i poteri dell'Abbazia di Farfa istituendo il Presidato Farfense, una sorta di governatorato distaccato da Farfa e indipendente da qualsiasi diocesi. Nel 1292 Papa Niccolò IV concesse ai comuni marchigiani la facoltà di eleggere podestà, consoli e priori. Per Offida e per altri grandi centri marchigiani dell'epoca si trattò di un riconoscimento ufficiale per delle istituzioni già operanti e "collaudate". Analogamente a tutto il territorio piceno, il periodo compreso tra il XIII e il XVI secolo è caratterizzato dalle guerre tra Ascoli e Fermo con gli offidani che presero le parti di quest'ultimi. Risalgono alla prima metà del Cinquecento le terribili lotte interne tra Guelfi e Ghibellini sfociate in numerosi fatti di sangue. Alla metà del XVI secolo Offida stipulò una tregua con Ascoli e negli stessi anni tutto quello che sottostava al Presidato di Farfa passò sotto la giurisdizione dello Stato della Chiesa. Dopo un secolo sotto la diocesi di Montalto, Offida passò sotto la diocesi di Ascoli. Nel 1831 fu elevata da papa Gregorio XVI al rango di città. La cinta muraria fu sostanzialmente costruita in due fasi. La prima tra il XII e XIII secolo con l'accesso principale sul lato nord-est mediante un torrione quadrato sormontato da un ordine di caditoie su cui poggiava un parapetto adorno di merli guelfi. La porta di accesso alla città era tagliata da un arco a sesto acuto ancora visibile e chiusa a due battenti ferrati dietro i quali scorreva una saracinesca; dalla porta doveva far capo un ponte levatoio che sormontava il fossato. Le mura, dal torrione suddetto, si dilungano verso ovest e verso sud facendo angolo e chiudendo Offida entro una cinta presso a poco rettangolare interrompendosi laddove i calanchi costituivano una difesa naturale. Altre due porte, oggi non visibili, si aprivano a ponente fornite anch'esse di solidi battenti e di saracinesche: quella di S. Giovanni e quella della fontana. Esse erano usate principalmente dagli agricoltori ed abitanti del circondario per rifugiarsi all'interno della città durante le numerose incursioni dei nemici. Da questa parte sorgeva il castello di Longino di Azone, oggi Chiesa di S.Maria della Rocca. Dalla pianta delineata nel 1694 da Ferdinando Fabiani, si scorge bene la cinta muraria con le relative porte, così come sopra descritte. Successivamente, generalizzandosi il nuovo mezzo di distruzione (polvere da sparo e relativa artiglieria), si dovette introdurre un radicale mutamento nelle forme e dimensioni delle fortificazioni. Negli ultimi decenni del secolo XV venne dunque costruita una nuova rocca. Il progetto di tale opera è stato per diverso tempo attribuito a Giuliano da Sangallo (1445-1516) ma, da studi effettuati da Pietro Gianuizzi e pubblicati nell’Archivio Storico dell’Arte nel 1890 a Roma, è risultato che la rocca debba ritenersi opera dell’architetto fiorentino Baccio Pontelli (1450-1492), familiare e mazziere di Papa Innocenzo VIII (1432-1492), del quale è ancora visibile uno stemma in travertino posto sull’alto della rocca. Essa fu fatta erigere, come già detto, dal pontefice, in occasione dei continui scontri tra Ascolani ed Offidani. Il lavoro del Pontelli consistette, oltre a consolidare le cortine esistenti, nel dare una forma circolare all’antico torrione che difendeva l’entrata della Terra di Offida con un solido rivestimento di mattoni per ottenere che i proiettili nemici sgusciassero più facilmente sui fianchi. Il Pontelli, in tale occasione, ebbe la qualifica di ingegnere generale e ricevette dal tesoriere della Provincia Niccolò Calcagni 25 fiorini al mese, a partire dal 23 Novembre 1487. L’opera fu realizzata dal maestro Lucchini di Como e fu portata a termine nel 1494. Il costo totale ammontò a 6.555 ducati. L’Arduini a tale proposito ci riferisce che il legato della Marca di Ancona “ripartì un carlino a fuoco (a famiglia) a tutti i luoghi della Marca per supplire alle spese mentre l’Allevi sostiene che il denaro fu ricavato dal pagamento delle pene di condanna effettuate nella Provincia della Marca. Risulta ancora che il papa Innocenzo VIII nominò, come revisori dei conti della fabbrica della Rocca, Marino da Montalto, notaio della Camera Apostolica (Per la Camera Apostolica, vedere Statuto di Offida, libro Il, cap. 2) e Antonio Genovese, commissario dello stesso Pontefice. Nel 1493 la Rocca fu munita, come ci riferisce sempre l’Allevi, di artiglieria per rendere inattaccabili i tre capisaldi della costruzione stessa. Il lavoro fu affidato da Raffaele Riario (1460-1527), cardinale di S. Giorgio, a Luigi Giovanni da Milano, fabbro, abitante in Osimo. La tradizione sostiene che tale artiglieria, in seguito, fu tolta per guarnire i fortilizi della S. Casa di Loreto e, in seguito, finì nelle mani dei Francesi, durante l’occupazione napoleonica. Si conservano ancora l’antico torrione che difendeva l’entrata della città, una torre quadrata ed ancora un altro torrione, di forma cilindrica, tutti del sec. XV. Ben poco è rimasto delle antiche mura castellane che cingevano Offida. Il terremoto del 1943 contribuì a rovinare quanto ancora rimaneva delle fortificazioni cittadine ed in seguito anche il vecchio muraglione, presente nei pressi dell’attuale torrione principale, fu inopportunamente demolito e venne inserita una balaustra in travertino. Di sicuro sappiamo che, anticamente, tali mura erano cinte, dalla parte settentrionale, da un fossato pieno d’acqua, chiamato Carbonara, immesso a protezione del luogo ove, secondo lo Statuto dell’epoca (vedere Statuto di Offida del 1524), era proibito mettere a macerare il lino. Cortine di mura a scarpata concatenano l'insieme delle fortificazioni. Delle caditoie contornano il torrione più grande che era fornito di un parapetto munito di merli guelfi. La rocca dalla parte dell'abitato rimane aperta per due grandi voltoni a sesto acuto sovrapposti l'uno all'altro; con molta probabilità attraverso la botola ancora visibile e di una scala in legno non più esistente, si discendeva dal più alto a quello di sotto.

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