martedì 30 dicembre 2014
il 2015 è alle porte...
A tutti i lettori del blog, abitudinari e saltuari, i miei migliori auguri di un 2015 che sia di gran lunga migliore del 2014 che sta per terminare ! Ci rivediamo il 2 gennaio con un nuovo castello di cui trattare...
Valentino
Il castello di mercoledì 31 dicembre
CARPANETO PIACENTINO (PC) – Torre Confalonieri in
frazione Celleri
Fonti: testo di Sergio Efosi su http://quadernivaltolla.wordpress.com/2014/04/07/torre-confalonieri-gia-vecchio-castello-di-celleri/, http://www.comune.carpaneto.pc.it/sottolivello.asp?idsa=71&idvocebox=81&idbox=20
Foto: la prima è presa da http://sergiovaltolla.wordpress.com/2014/04/08/torre-confalonieri/, la seconda è del mio amico (e inviato speciale del blog) Claudio Vagaggini
lunedì 29 dicembre 2014
Il castello di martedì 30 dicembre
CARPANETO PIACENTINO (PC) – Castello Scotti in frazione
Magnano
Magnano
è una piccola frazione del comune di Carpaneto Piacentino, dal quale dista
circa 8 km., che sorge su un crinale che si sviluppa a sud del capoluogo,
quello tra il Chero e l’origine della misteriosa e breve val di Ségola (o
Valsegola). Ben conservato è il castello di Magnano, in posizione panoramica a
350 m. sulle colline piacentine, circondato da vigneti e rilievi argillosi. Il
complesso castrense è considerato tra i migliori esempi di arte fortificatoria
della zona. Citato nel 1288
in un atto di compravendita tra la
famiglia Mancassola e quella dei
Della Volta Landi, appartenne agli Scotti (del ramo
di S.Giorgio e Castelbosco) dalla seconda metà del XV secolo (per l’esattezza
1460) al 1877, poi passò alla famiglia Marazzani
Casali e Scribani Rossi e ad altre famiglie. Verso
la fine del 1700, in seguito ad un matrimonio di uno Scotti con una Della
Scala, la famiglia assunse il cognome composto Scotti-Della Scala. Imponente
complesso in pietra del XIII e XIV secolo, tipologicamente
riconducibile alla struttura del castello-recinto, poco diffusa nel piacentino.
Ha uno sviluppo planimetrico irregolare, quasi trapezoidale, adattato al
terreno accidentato su cui sorge. Composto da un corpo centrale e da due torri,
di cui una circolare a meridione e una quadrata ad occidente (animata al suo
interno da un'antica scala a chiocciola in legno), delimitano il fronte
sud-ovest caratterizzato dal coronamento di merli a foggia guelfa. Le cortine
merlate trovano continuità anche sul lato nord-est, formando due diversi
raccordi a settentrione e ad oriente, rispettivamente curvo e ad angolo acuto. In
quest'ultimo trovano sistemazione l'ingresso ed un secondo corpo che si
distingue per l'intonacatura, mancante dal resto del complesso in pietra a
vista appena squadrata, con limitati inserti in laterizio riconducibili a integrazioni
attuate nel corso di restauri eseguiti tra Settecento ed Ottocento. Nel corpo
centrale, merlato, si trovano una cantina per la conservazione dei cibi, una
parte destinata all'alloggiamento delle guarnigioni, la stalla con il fienile. Vincolato
dalla Soprintendenza alle Belle Arti e decretato “edificio particolarmente
importante”, il castello di Magnano, trasformato in abitazione privata e
struttura ricettiva, oggi dispone di alloggi per vacanze. All'interno della
merlatura guelfa si trova l'ampio giardino, che evoca con sensibilità ed
equilibrio l'hortus conclusus medievale, grazie alla cura del proprietario,
paesaggista di professione. Nelle notti stellate il castello è un eccellente
punto d'osservazione astronomica.
Fonti: http://www.castellodimagnano.it/
(con diverse foto da vedere),
http://www.comune.carpaneto.pc.it/sottolivello.asp?idsa=71&idvocebox=81&idbox=20,
http://www.altavaltrebbia.net/castelli/val-chero/2195-castello-di-magnano.html
Foto: di Solaxart 2010 su http://www.preboggion.it/Castello_di_Magnano.htm
e da http://www.castellodimagnano.it/
domenica 28 dicembre 2014
Il castello di lunedì 29 dicembre
CARPANETO PIACENTINO (PC) – Castello Scotti
La citazione più antica della
località (in loco ubi dicitur Carpenetus) si trova in un documento dell'anno
816 e riguarda l'acquisto di una foresta fatto dal vescovo piacentino Pedone.
Nel 1090 la borgata fu distrutta
dai popolari piacentini nel corso delle frequenti lotte con i nobili; nel 1216,
durante le guerre fra piacentini e milanesi (alleati del Pontefice) e pavesi e
cremonesi (fautori dell'imperatore), questi ultimi la devastarono per la
seconda volta. Sebbene le prime notizie relative al Castello di Carpaneto
risalgano al 1321, è comunque probabile che esso esistesse già nel XII - XIII
secolo, e precisamente all'epoca in cui la famiglia Malaspina cedette, nel
1180, i propri diritti su Carpaneto alla chiesa di Sant'Antonino di Piacenza.
La storia del fortilizio di Carpaneto è purtroppo caratterizzata da una fitta
serie di rovinose devastazioni, a cominciare proprio da quella del 1321 ad
opera delle truppe viscontee, epoca in cui ne era proprietario Rolando Scotti. Nella
prima metà del secolo successivo, il castello risulta di proprietà dei Del
Cairo, uno dei quali, Antonio, nel 1435, lo vendette a Beatrice Anguissola che
lo acquistò con denaro del figlio Giovanni. Da questa famiglia l'edificio
pervenne ad Alberto Scotti; il fortilizio venne ricostruito completamente sulle
rovine del precedente. Sei anni più tardi (1441), il duca Filippo Maria
Visconti, grato agli Scotti per la loro fedeltà, investì il feudo di Carpaneto
con il titolo di contéa ad Alberto. Avuta conferma legale del possesso, il
nuovo signore, mosso sia da ambiziosi progetti espansionistici verso le zone
limitrofe, sia da previdenti calcoli di ordine difensivo, cinse Carpaneto di
mura e fossati, creando un vero e proprio borgo fortificato che difficilmente
avrebbe potuto essere conquistato. Nel Cinquecento il complesso costituì il
quartier generale del conte Pier Maria Scotti (detto "il Buso"), per
le sue imprese belliche condotte in tutto il territorio piacentino dopo essere
passato dal partito guelfo a quello ghibellino e aver piegato ai propri
interessi una pseudo sollevazione antifrancese. Quando lo Scotti morì (1521),
anche Carpaneto, per la nuova impostazione politica, decadde. I Farnese, in
seguito, creando la contea di Vigoleno, vi compresero pure Carpaneto e Diolo;
nel 1606 il duca Ranuccio I la elevò a marchesato in favore di Cesare Scotti,
la cui famiglia mantenne il possesso del castello fino al 1891, quando lo
alienò al Comune.
A causa delle continue demolizioni,
avvenute in tempi diversi, dell'importante borgo murato oggi non rimane
traccia. Scomparsa è la cinta fortificata costituita da poderose mura a scarpa
in laterizio, interrato l'ampio fossato, distrutte le torri e le porte con
relativi ponti levatoi. Fino al 1930, epoca dell'abbattimento, le uniche
testimonianze dell'antico borgo consistevano in una porta d'ingresso alle mura,
orientata verso Piacenza (sul cui voltone spiccava lo stemma in pietra degli
Scotti da Vigoleno) e nei resti del ponte lavatoio. Del maniero si è
fortunatamente conservata, seppure alterata, una buona parte dell'edificio
quattrocentesco, dove oggi hanno sede gli uffici comunali. Da segnalare
soprattutto l'elegante porticato con colonne di granito e capitelli in arenaria
recanti gli stemmi degli Scotti.
http://it.wikipedia.org/wiki/Carpaneto_Piacentino,
Testo di Luigi Fava su http://www.quicarpaneto.it/A02-Castelli/castelli-carpaneto.htm
Foto: entrambe da http://www.quicarpaneto.it
sabato 27 dicembre 2014
Il castello di domenica 28 dicembre
BIANZANO (BG) – Castello Suardi
Fonti: http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Bianzano,
testo di Marisa Uberti su http://www.duepassinelmistero.com/Bianzano.htm
(da consultare per approfondire), http://www.invalcavallina.it/aree/risorseculturali/risorseculturali/risultato/risorsaculturale.asp?IdRisorsa=37&Lingua=ITA
venerdì 26 dicembre 2014
Il castello di sabato 27 dicembre
TORITTO (BA) – Castello Normanno-Della Tolfa
Il nucleo primordiale del Castello di Toritto, sede del
feudo Normanno, risale all'anno Mille. L'epoca della fondazione non è certa e
sulle varie fasi di costruzione si possono avanzare solo ipotesi. Mancano
infatti, anche per la scarsa accessibilità al complesso, studi specifici. Poiché
è probabile che l'origine di Toritto risalga all'Epoca Peuceta, non si esclude
che la Torre Normanna sia stata costruita su resti classici. Le prime
testimonianze dell’esistenza del castello risalgono al 1167. Con il tempo il
complesso è stato edificato e ampliato a più riprese. Ma è nel XIII
secolo, con la rinascita della vicina Altamura, che Toritto entrò nella sua
sfera di influenza economica, giuridica ed ecclesiastica: a quest'epoca risale
la riedificazione del castello che si erge sulla piazza Vittorio Emanuele e che
era la dimora del Duca. Le prime notizie di una ristrutturazione e conseguente
ampliamento si hanno nel 1592 ad opera di Orazio Della Tolfa-Frangipane, duca
di Toritto e Grumo (fra i cui discendenti c'è Giovanna Frangipane della
Tolfa, madre di Pietro Francesco Orsini eletto papa nel 1724 con il nome di Benedetto
XIII). Sino al XIV secolo il castello fu un fortilizio con funzione difensiva, più
tardi, come si evince da un documento del 1631, ospitò stalle, cortili,
cisterne, appartamenti, mulini, granai e frantoi. Un ulteriore restauro è
datato nel 1751 con il duca Caravita. Fino alla fine del XVII secolo passò di
feudatario in feudatario. All'unica porta d'ingresso del Castello (su via
Carmine) si accede attraverso un ponte in pietra che scavalca il fossato e
presenta ai lati due medioevali sculture leonine in granito, aventi tra le
zampe delle panelle. Le sculture attestano l'appartenenza di uno dei feudatari
all'antico Casato dei Frangipane. La Torre rotonda (inglobata in una
costruzione recente) e la Torre Normanna, dichiarata Monumento Nazionale nel
1938, risalgono al X e XI secolo, mentre altre costruzioni, site in via Carmine
e in Piazza Castello ed edificate sul fossato del fortilizio, compresa la Torre
Merlata, sono di epoca più recente (XV e XVI secolo). Oggi l’edificio appartiene
a diversi privati. Solo nel marzo 2006 l'ala a nord ovest, prospiciente le
piazza e comprendente la Torre Merlata, è divenuta proprietà della SERFIN,
holding del gruppo aziendale barese della famiglia Ruggiero, il cui padre
fondatore, Ciro Antonio, da sempre estimatore di beni storico-artistici, ha
curato personalmente il necessario e tanto auspicato intervento di risanamento e
restauro conservativo dell'immobile.
Fonti: http://www.comune.toritto.ba.it/index.php?reporeid=294,
http://www.patrimoniosos.it/rsol.php?op=getbene&id=107,
http://toritto.weebly.com/castello.html
Foto: la seconda è di Salvatore Ambrosi su http://www.panoramio.com/photo/11087728
mercoledì 24 dicembre 2014
Buon Natale 2014
Cari amici del blog, auguro un buon Natale a voi e ai vostri cari.
Quest'anno la mia attività "castelliera" si fermerà solo nei giorni festivi, dunque da sabato 27 conto di dedicarmi a nuovi castelli di cui divulgare notizie storiche e architettoniche :)
Valentino
Il castello di mercoledì 24 dicembre
SUBIACO (RM)- Rocca Borgia (o Abbaziale)
La storia della Rocca di Subiaco è indissolubilmente legata a quella dell’abbazia benedettina fondata da san Benedetto da Norcia alla fine del V secolo, e dei suoi potenti abati. La rocca abbaziale fu costruita nel secolo XI, tra il 1073 ed il 1077, dall’abate di S. Scolastica Giovanni V. Fu concepita come castello feudale, allo scopo di instaurare il dominio monastico su Subiaco; per questo sorse sulla cima di una collina, in una posizione dalla quale fosse possibile tenere sotto controllo l’intero castello sublacense e in particolare i ribelli. Fu munita di fortificazioni, carceri, una torre di avvistamento, stanze, appartamenti e una piccola chiesa dedicata a San Tommaso apostolo. La collocazione della Rocca fu decisa anche in modo da tenerla al riparo dai pericoli costituiti dalle numerose piene del fiume Aniene che scorre ai piedi dell’abitato. La costruzione, simbolo del potere dell’abbazia e residenza abituale di Giovanni e dei suoi successori, subì danni a causa del terremoto nel 1349, venne saccheggiata e danneggiata anche dai sublacensi e per molti anni non fu abitabile. La ribellione dei Sublacensi, scatenata in seguito alle repressioni particolarmente feroci sotto il regime dell’abate Angelo da Monreale, arrecò gravi danni allo stabile, tanto da costringere il francese Ademo suo successore, a ritirarsi in quel di Jenne. Anche negli anni a seguire i rapporti con i locali, per la verità mai idilliaci, ridivennero turbolenti per il mal governo dell’abate Guglielmo II. In tale occasione, la tensione tra popolazione e abbazia raggiunse l’acme, determinando l’intervento di papa Calisto III che, udito il resoconto del suo inviato ( il cardinale spagnolo Giovanni Torquemada, zio del celebre inquisitore papale Tommaso), nominò questi “Commendatario” dell’abbazia (16 gennaio 1456), destituendone l’abate. Dopo aver dimorato in un palazzotto presso l’attuale Piazza Pietra Sprecata, il Torquemada si trasferì nella malridotta Rocca, restaurandone una parte che servì anche per dare degna ospitalità al papa Pio II in visita ai monasteri nel settembre del 1461. Nel 1476 l'edificio fu restaurato in modo più radicale dal cardinale Rodrigo Borgia, che lo dotò inoltre di una torre quadrangolare (opera dell’architetto Baccio Pontelli) munita di merlature, feritoie, carceri e trappole, allo scopo di difendere la parte più antica della costruzione. La torre, comunicante con la vecchia fortezza attraverso un corridoio assai angusto e provvisto di trabocchetto, fu l’espressione-sintesi del programma politico del Borgia, che la disse eretta in onore di S. Benedetto, a tutela dei monaci, dei castelli abbaziali e dei confini dello stato pontificio. In tal senso parla un’epigrafe, incassata tuttora nella parte occidentale della torre. Un toro che pascola è lo stemma della sua famiglia, visibile su tre dei quattro lati di essa. Il cardinale e la sua famiglia abitarono nella Rocca e, secondo alcuni storici, qui nacquero nel 1476 e nel 1480 Cesare e Lucrezia Borgia, figli di Rodrigo e della sua amante Vannozza Caetani. Nel 1492, eletto Rodrigo papa con il nome di Alessandro VI, Rocca e commenda sublacense passarono al cardinale Giovanni Colonna, quale compenso del voto datogli in conclave, e per lui alla sua famiglia, il cui dominio si prolungò per 116 anni. La Rocca conobbe i piacevoli ozi e la vita scorretta del commendatario Pompeo, il quale ne fece un baluardo contro papa Giulio II che, censurandone la condotta, gli ordinò di cedere carica e privilegi al cugino Marcantonio. La morte del Pontefice, però, vanificò l’imperativo della Santa Sede. Fu solo nel 1513 che Pompeo, previa assoluzione da parte di Leone X, cedette la commenda al proprio nipote Scipione. Tre anni dopo le truppe di Pompeo attaccarono quelle papali che, per ritorsione, assalirono i feudi Colonnesi tra i quali Subiaco dove bruciarono alcune case e demolirono parte della Rocca. Questa venne completamente smantellata nel 1556 dai soldati di Paolo IV, durante le lotte cruente intercorse tra i colonnesi ed il papato, che catturarono il commendatario Francesco e lo tradussero nelle prigioni di Castel Sant’ Angelo. Rimesso in libertà, questi provvide ad effettuare nella Rocca rilevanti restauri tra i quali un suntuoso appartamento detto, appunto, dei “Colonna”. Nel 1633 la commenda fu affidata da Urbano VIII dei Barberini ai suoi nipoti così che la Rocca per 105 anni rimase al centro degli atti del loro governo autoritario e severo. I Barberini, però, nulla fecero per ingrandirla e fortificarla e quando nel novembre del 1753, Benedetto XIV tolse ai commendatari la giurisdizione temporale, la Rocca cessò di avere ogni interesse feudale ed importanza militare. Nuovo lustro le donarono i lavori commissionati nel 1778 da Pio VI all’architetto Pietro Camporese che, nell’eseguirli costruì la carrabile, il portale, l’androne per le carrozze, l’orologio pubblico apposto sulle mura occidentali, dimezzò la rocca borgiana, eliminò la trappola e le carceri, infine decorò gli appartamenti con pregevoli affreschi. La costruzione divenne così un palazzo moderno, adatto a essere utilizzato come residenza dell’abate commendatario. Vi alloggiarono anche i papi Pio II, Pio VI, Gregorio XVI e Pio IX. L’occupazione napoleonica del 1799 depauperò la rocca di ogni preziosa suppellettile così che, attualmente, i saloni sono adorni solo di affreschi, seppure di notevole pregio. Dopo la soppressione della Commenda (1915) la Rocca abbaziale venne affidata all’abate di Santa Scolastica e non fu più usata come residenza. L’intero complesso architettonico è costituito da tre fabbricati distinti, diversi anche per epoca di costruzione. Salendo al secondo piano dell’edificio centrale, mediante un'ampia scala, si raggiungono le sette camere che costituiscono gli appartamenti Braschi. Gli affreschi che ricoprono le pareti delle prime tre sale riproducono i Castelli Abbaziali, risalgono alla seconda metà del Settecento e sono opera di Liborio Coccetti e dei fratelli Zuccari. Nella prima camera, sobrie decorazioni e fregi sulla volta, in stile pompeiano, nonché interessanti affreschi parietali riproducenti i castelli settecenteschi di Subiaco, Agosta, Affile, Ponza, Marano Equo ed i monasteri sublacensi di 5. Scolastica e del Sacro Speco. Nella seconda camera, quattro porte in stile pompeiano, due delle quali corona coronate da stemmi ad alto rilievo in legno dorato, attraggono la curiosità del visitatore. Sulle pareti sono riprodotti castelli di Gerano, Cerreto, Trevi, Jenne, il convento di San Francesco e la chiesa di San Lorenzo con l’annesso romitorio di Subiaco. Sulla volta, dipinta a cassettoni in prospettiva, due putti sostengono un medaglione con l’effigie di Pio IX, che nel 1853 ne curò i restauri. Un elegante caminetto con la scritta latina “Pius Sextus Pont. Max. Anno III”caratterizza il piccolo ambiente. Nella terza camera sulle pareti, affreschi dei castelli di Roiate, Civitella, Rocca Santo Stefano, Camerata, Cervara e la Maddalena: due stupendi paesaggi, indubbiamente i più belli della serie, l’uno lunare di Canterano e l’altro nevoso di Rocca Canteranoe Rocca di Mezzo. Gli affreschi di piccole proporzioni che sovrastano le due porte in stile Pompeiano riproducono la chiesa della Valle ed il Convento dei padri Cappuccini di Subiaco. Sulla volta sei putti sostengono la tiara papale le chiavi il giglio e Aquila coronata e due angeli al sorreggono l’effige di Pio VI, stagliata sullo sfondo di un medaglione di colore azzurro cupo. Nella quarta camera, di forma romboidale sulle pareti, fregi e figure mitologiche in stile pompeiano sulla volta, le Virtù della Carità, della Re1igione della Speranza e della Fede. Ai quattro angoli, i quattro continenti: Asia, Africa, America ed Europa;in alto, il trionfo di Pio VI con interessanti particolari ed intrecci di motivi sacri e mitologici. La quinta camera, a cui si accede per un transetto, molto ampia, era la sala del trono dell’abate commendatario. Un tempo le pareti erano letteralmente rivestite di preziosi damaschi rossi ed in quella di fronte al caminetto si ergeva il trono con il baldacchino del cardinale abate tra cornici dorate. Un grande quadro attribuito a Gherardo delle Notti, riproducente la Deposizione, due portantine papali, numerose poltrone barocche nonché sedie settecentesche, davano alla sala una nota di fasto principesco. Oggi rimangono solamente gli splendidi affreschi che decorano la volta, dove l’arte settecentesca seduce in maniera attanagliante.
Il complesso centrale illustra il trionfo di Pio VI, circondato da sette grandi figure allegoriche che rappresentano: la Pace e la Giustizia; la Fede e la Fortezza; la Sapienza, la Purezza e la Prudenza. Sotto il cornicione si ammira una interessante successione di motivi e scene del Vecchio Testamento. La sesta camera è quella che un tempo era adibita a biblioteca del cardinale abate.
Sulla volta sono affrescati il corno dell’abbondanza gli stemmi di Pio VI e Pio IX, putti, aquile e leoni e, nello spazio dell’unica finestra, un baccanale. L’ambiente è poi ornato da un caminetto. La settima camera, divisa in due settori, è quella dell’alcova. Il primo settore, un tempo tappezzato di splendidi damaschi verdi, reca sulla volta motivi mitologici e sacri che coronano il trionfo di Pio VI. Interessantissimi per la finezza della composizione i tre piccoli affreschi della finestra riproducenti Gesù che conferisce il primato a San Pietro; Gesù che cammina sulle acque e San Pietro che risuscita un morto, in mezzo ad un intreccio movimentato di fregi in stile pompeiano. Il secondo settore, dov’era un tempo il letto del cardinale-abate, ha la volta sulla quale spiccano, tra cornici dorate, nove meravigliosi affreschi, un vero poema per la squisita finezza della composizione, per il movimento dei personaggi e per la vivacità e l’intreccio dei colori. Essi riproducono:
- la crocifissione di San Pietro apostolo;
- il conferimento del primato;
- al centro la gloria di Dio e dei Santi con due medaglioni;
- il discorso della montagna;
- il martirio di Sant' Andrea apostolo;
- San Gregorio Magno che serve il pranzo ai poveri;
Fonti: http://www.terredaniene.com/il-centro-storico/la-rocca-abbaziale, http://www.subiacoturismo.it/storia/la-rocca-dei-borgia/ , http://www.simbruinastagna.com/public/news/templates/simbruinastagna_monumenti.asp?articleid=26&zoneid=1
Foto: una cartolina della mia collezione e di anythingbutgas su http://www.panoramio.com/photo/70410990
lunedì 22 dicembre 2014
Il castello di martedì 23 dicembre
CARRARA (MS) – Castello di Moneta dei Malaspina in frazione Fossola
Sullo sfondo delle marmoree Apuane, il Castello di Moneta ancora domina, dall'alto del suo colle (300 m.slm.) la sponda destra del torrente Carrione, a guardia della "foce d'Ortonovo", passo collinare tra le prime vallate liguri e la valle di Carrara, incrocio delle antiche vie di valico, la preistorica "via del sale" per la Lunigiana e la medievale "via pedemontana" per la Liguria. Sito fortificato dei Liguri Apuani, uno sperone sottostante è "Il Castellaro", nel II sec. a.C. Moneta è un "fundum gentis Monetia" della colonia romana di Luni, poi trasformata in "castrum" nel VI sec. dai Bizantini. L'antichissima funzione militare di Moneta prosegue attraverso i secoli e i diversi dominatori fino al sec. XVIII. Poi, nel 1944, truppe tedesche edificarono 2 bunker sotto il vecchio Castello per le stesse esigenze difensive della guerra bizantino-longobarda dopo 1300 anni! Il diruto Castello di Moneta sovrasta la frazione di Fossola, "erede di Moneta", a km. 3 da Carrara. Le prime notizie documentarie su Moneta risalgono al periodo romano: nel II sec. a.C. il colle è registrato nel catasto fondiario di Luni come "fundum cum villa rustica" della gens dei Monetii o Munatii e la proprietà agricola nel II sec. d.C è ancora così registrata nelle "Tabulae de Veleia". Ritroviamo poi nel VI sec. un castrum del limes difensivo dei Bizantini di Luni, dal 643 un castellum dei Longobardi, poi conquistato dai Franchi nel IX sec., rifortificato a protezione della vallata di Carrara dalle devastanti scorrerie di Vichinghi e Saraceni e fortemente conteso tra i Marchesi Obertenghi, Malaspina e Massa-Corsica e Vescovi-Conti di Luni. Tra i pochi documenti diretti rimasti: il primo, esplicito sul "Castrum de Moneta", un rogito notarile di Wilielmus, Gastaldo del Vescovo di Luni, del 9 giugno 1035, la prima menzione, successiva al 29 luglio 1185, dei "Consules Villae Monetae", in contrasto con Pietro, primo Vescovo-Conte di Luni, poi ancora è importante un atto, del 30 luglio 1252, rogato "In vetusta ecclesia Sct.i Isidori Agricolae in Castro Moneta", (tutte nel "Codex Pelavicinus"), mentre del 1313 è la citazione nell'elenco di Arrigo VII :"Rochae quae sunt Romani Imperii : … Castrum Monetae …". La Repubblica di Pisa occupa dal 1301 al 1322, in funzione antigenovese, Carrara, Sarzana e Lerici : Moneta è uno dei principali caposaldi ghibellino-imperiali verso la Liguria e la Lunigiana (ancora tracce delle nuove fortificazioni pisane nel vecchio castrum vescovile, inglobato nel successivo borgo murato del XV sec.). I castellani sono importanti cavalieri di Pisa, la guarnigione è assoldata in Corsica, allora pisana: da qui i cognomi locali ancora esistenti di Pisani (per secoli la famiglia più importante della zona, prima come Conti Pisani, e poi, unica tra la nobiltà di Carrara, divenuti i Marchesi Pisani di Moneta) e quelli di Del Pisano, Soldati, Del Soldato, Corsi, Corsini, del Corso, e i toponimi "Corsesca" e "ai Corsi". Declassata nel 1322-1328 da Castruccio Castracani a difesa locale, la "Rocha de Moneta" è rifortificata nel 1329 dal ghibellino Marchese Spinetta il Grande Malaspina (…forte ho munito la Terra de Casepozi et la Rocha de Moneta….Testamento di Spinetta il Grande, 1 marzo 1352). Nel 1447, Spinetta di Campo Fregoso, nuovo "Dominus Terrae Carrariae, Terrae Laventiae et Castri Monetae" fortifica il suo piccolo Stato, presidio di confine Moneta viene completamente rinnovata: l'antico castrum bizantino-vescovile è sostituito da un rinnovato borgo murato ellittico, difeso da più cinte murarie con robuste torri rotonde, mentre l'antica torre quadrata centrale diviene campanile della nuova cappella castrense. Questo borgo murato, su metà della sommità del colle verso la valle di Carrara, è dominato sul lato ovest dalla nuova possente Rocca, con massicce cortine murarie e uno svettante mastio, a strapiombo su tre lati, con caditoi, bertesche, e un fossato con ponte levatoio, in una poderosa torre, sull'unico lato pianeggiante verso il borgo. Vengono ristrutturate le enormi cisterne sotterranee, alimentate da piccole sorgive locali e integrate, nei periodi di magra, con trasporti d'acqua a dorso di mulo dai torrenti vicini. (Ancora pochi decenni orsono restava, sulla quarta, più interna porta del mastio, la lapide commemorativa del 1455 "MCCCCXXXXXV Questa fortezza fece fare il Magnifico Signor Marchese di Campo Fregoso", ora purtroppo della grande iscrizione marmorea s'è persa ogni traccia!). Nel 1473, tutto il "Vicariato di Carrara" è ceduto a Jacopo Malaspina, Marchese di Massa e nuovo Principe di Carrara, e come le altre fortificazioni locali, escluse le Rocche di Massa e Avenza, anche Moneta perde presto d'importanza militare, per i seguenti motivi:
- l'assetto politico-territoriale (il nuovo piccolo dominio dei Malaspina di Massa e Carrara è uno stato-cuscinetto tra la Repubblica di Genova e le terre dei Medici di Firenze e gode di protezione imperiale),
- il crescente uso dell'artiglieria (a Moneta sia la Rocca è in funzione di assedi tradizionali, prima dei cannoni, sia l'intera area fortificata risalente all'epoca romana, può essere bombardata da un vicino colle più alto).
Fonti: testo del Prof. Renato Vita su http://www.castellitoscani.com/italian/moneta.htm
Foto: le prime due da http://www.meravigliaitaliana.it, la terza da http://icastellidelmarmo.it/Moneta.html
Il castello di lunedì 22 dicembre
VERNAZZA (SP) - Castello Doria
Fonti: http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Vernazza, http://www.e-cinqueterre.com/vernazza/vernazza-castello.htm,
http://www.cec.it/comuni/Vernazza/itluo.htm
Foto: da http://www.liguriaheritage.it e di Christian
Balloni dal gruppo Facebook https://www.facebook.com/pages/CASTELLI-ROCCHE-FORTEZZE-in-Italia/308856780344?fref=photo
sabato 20 dicembre 2014
I castelli di domenica 21 dicembre
FOGGIA – Regia Masseria Pantano e Regia Masseria Giardino (sveve)
In questo secondo video vengono purtroppo documentate le conseguenze di un crollo avvenuto nel 2009 nella Masseria Giardino: https://www.youtube.com/watch?v=pQ6wfrEMmYs
Fonti: http://it.wikipedia.org/wiki/Storia_di_Foggia#L.27et.C3.A0_federiciana,
http://www.pugliantropica.it/?p=1368,
http://www.foggiaweb.net/foggia-e-il-puer-apulie/,
http://foggiainguerra.altervista.org/wordpress/2013/07/01/regia-masseria-pantano-lennesimo-scempio-foggiano/
Il castello di sabato 20 dicembre
SIRACUSA – Castello Svevo o Maniace (di Mimmo Ciurlia)
Il Castello Maniace sorge sulla punta estrema di Ortigia, a
controllo del porto e della città di Siracusa. Nel sito in cui sorge il castello
dovettero quasi certamente esistere delle fortificazioni sin dai tempi dei
Greci in quanto è strategicamente importante per la difesa del Porto Grande. Il
nome “Maniace” deriva da Giorgio Maniace, un generale bizantino che nel 1038
d.C. riconquistò per un breve periodo la città dagli Arabi e portò in dono due
arieti bronzei ellenistici, che poi vennero posti all’entrata del Castello
stesso. Qualche anno dopo, gli arabi si impadronirono nuovamente di Siracusa e
del maniero che tennero fino al 1087 quando furono sconfitti e cacciati dai
Normanni. Per tal motivo il castello ha impropriamente conservato il nome del
condottiero, resta comunque il fatto che la costruzione sia di origine sveva. Fu
infatti costruito per volontà di Federico II, tra il 1232 e il 1240, che ne
affidò la realizzazione all'architetto Riccardo da Lentini, in osservanza a
precise regole di razionalità, geometria, simmetria. I primi documenti sulla
sua fondazione sono le lettere di Federico inviate il 17 novembre 1239 da Lodi
a suoi sottoposti collegati alla costruzione del Castello, nelle quali l'imperatore
si compiace per la diligenza con la quale Riccardo da Lentini “prepositus
aedificiorum segue il castrum nostrum Syracusie” e lo rassicura che la sua
richiesta “pro munitione castroum nostrorum Syracusie et Lentiní quam etiam pro
Serracenis et servis nostris necessarium frumentum, ordeum, vinum, caseum,
companagium, scarpas et indumenta” è stata girata al tesoriere di Messina, il
quale provvederà al più presto a fornirlo di tutto l'occorrente. Passato agli
angioini nel 1266, venne assaltato ed espugnato dalla popolazione siracusana in
rivolta l'11 aprile del 1282. Nel 1302 Federico d'Aragona vi siglò l'armistizio
con gli angioini. Nel 1321 ospitò la seduta del Parlamento siciliano convocato
per sancire l'eredità del figlio di Alfonso III d'Aragona, Federico III di
Aragona. Nel 1325 Pietro II d'Aragona fece riattare i fossati e costruire due
forti a supporto del castello. L'attuale pianta della fortificazione presenta
una serie di aggiunte successive, tali da stravolgere del tutto quello che
doveva essere l'assetto originario. Si giunge al castello attraverso un ponte
di pietra che sostituisce l’antico ponte levatoio posto su di un fossato di
acqua di mare a difesa tutto intorno alla costruzione. L’edificio è a pianta
quadrata, chiuso da un possente muro perimetrale con quattro torri cilindriche
agli angoli. All’esterno era visibile un grandioso basamento a scarpa, che è
poi andato interrato. L’ingresso al castello è segnato da un portale marmoreo a
struttura ogivale, con strombatura. Sopra l’arco domina lo stemma spagnolo, che
fu posto nel 1614. Ai lati del portale vi sono le due nicchie, destinate a
contenere, su mensole aggettanti, i due arieti di bronzo che ebbero complesse
vicende e di cui uno solo superstite è oggi visibile al Museo Salinas di Palermo.
Recentemente è stata eseguita una copia dell’originale palermitano, donata dal
Rotary Club di Siracusa e che, ultimati i lavori di restauro, verrà ricollocata
sulla mensola originaria. Oltrepassata
la porta si entra in un cortile che è il risultato di distruzioni e
riedificazioni varie, successive alla costruzione sveva. Le due navate
superstiti coperte da volte a crociera, lungo il lato meridionale, sono quello
che sopravvive della costruzione originaria. All’interno l’ambiente doveva
apparire come un’unica sala scandita da 16 colonne libere, 4 semicolonne
angolari e 16 semicolonne perimetrali, che sorreggevano 25 campate, coperte da
volte a crociera costolonate, quattro monumentali camini segnavano gli angoli
delle pareti. La campata centrale è stata interpretata come cortile a cielo
aperto, con vasca centrale. Il carattere strutturale diverso delle colonne
della campata centrale, costituite da colonne monolitiche di granito accostate,
darebbe credito all’ipotesi scaturita in seguito a recenti esplorazioni, di una
campata centrale coperta come le altre, ma più enfatizzata. Agli angoli della
sala, i tre gruppi di scale superstiti -
torri sud, nord ed est - sono preceduti e separati dai vani per i
servizi da un vestibolo, con volta a botte ripartita in due crociere impostate
su peducci a goccia; nel vano servizio
invece, i costoloni della crociera scaricano su peducci con la parte terminale
a rilievo, arricchita da figure scultoree varie (leoni affrontati, un telamone,
testa raffigurante forse Federico giovane). Le scale sono composte da blocchi
monolitici da cui è ricavato il gradino e la porzione di cilindro, la
sovrapposizione dei quali determina lo sviluppo del pilastro centrale, elemento
portante della scala, e la successione dei gradini con andamento radiale. Le
colonne, di forma cilindrica, sono realizzate in pietra calcarea, poggiano su
piedistalli poligonali e terminano in capitelli con due, tre e quattro ordini
di foglie che, larghe alla base, si richiudono in cima a crochet, dove sono
rappresentate scene agresti, figure umane, serpenti. Sopra l’abaco del
capitello s’innalzano i costoloni a sezione quadrata ed angoli smussati,
elementi caratterizzanti delle crociere della sala: le volte sono ottenute da
conci in calcarenite e pietra pomice lavica disposti a spina-pesce e messi in
opera con malta. Le pareti mostrano una tessitura muraria a conci sfalsati;
anche le semicolonne dei muri perimetrali mantengono inalterato questo tratto,
in modo da garantire la connessione e la continuità del paramento murario. In
corrispondenza al portale d’ingresso si trova l’uscita posteriore che conduce
sulla punta del promontorio. Da questa parte, oltre l’edificio federiciano, nel
XVI secolo s’impiantarono le batterie di cannoni, per collegarlo al resto delle
fortificazioni cittadine. Nel XVII secolo il Grunemberg dotò l’estremità del
promontorio di una difesa a punta di diamante e costruì due semibaluardi nella
parte antistante l’ingresso al castello. Infine, in età borbonica, fu costruita
la casamatta, recentemente restaurata. E’ noto che l’architetto medioevale
usava i numeri pitagorici e i numeri musicali con la stessa confidenza con la
quale usava le regole geometriche. Ogni numero era inscindibile dal proprio
significato simbolico. A Siracusa è stato usato con insistenza il numero 5 (le
crociere) ed il 4 (i lati), ma il 5 non è altro che la somma del 2+3, di due
numeri primi della serie di Leonardo Fibonacci. E' la serie di numeri
(1,2,3,4,5) che dà ordine all'universo ed alle arti applicate. Federico II
stesso ebbe diversi contatti con il Fibonacci, sommo matematico medioevale. La
serie di Fibonacci è 1,2,3,5, numeri in cui ognuno è la somma dei due che lo
precedono. La scelta delle figure geometriche non è certo casuale. Il quadrato,
il 4, nel Medioevo era il numero della terra, della Chiesa rivelata attraverso
le 4 virtù teologiche; per gli Orientali 4 erano le sembianze della divinità;
per i Greci i famosi 4 elementi primordiali facevano capo alla scuola
presocratica. Il cerchio è il simbolo della perfezione che ha inizio e fine in
sé, per gli Orientali è il sole e la vita, presso i Greci è il cosmo. Nella
pianta del Castello Maniace, leggendo i numeri come simboli, il quadrato
rappresenta la terra ed il cerchio il sole. Sotto gli Angioini il maniero divenne
patrimonio regio, censito nel 1273 da una commissione di inchiesta che parlava
di un Castrum Siragusie. La guerra fra gli Angioini e gli Aragonesi per il
dominio del Regno vide il castello opposto a difesa della città. Per quasi
tutto il XV secolo il Castello fu una prigione. Nel 1448, dopo uno splendido
banchetto tenuto nelle sue sale, il capitano Giovanni Ventimiglia, fece
uccidere tutti i convitati, accusati di tradimento. Per questo prode gesto ottenne
dal re Alfonso di Castiglia in dono i due arieti bronzei che ornavano sino a
quel giorno il prospetto del castello. Alla fine del XVI secolo, nel piano più
generale di fortificazione della città, Castello Maniace divenne un punto
nodale della cinta muraria, progettata dall’ingegnere militare spagnolo Ferramolino.
Nella metà del XVII secolo ulteriori opere fortificate compresero lavori nel castello,
di non nota entità. Il 5 novembre 1704, una furibonda esplosione avvenuta nella
polveriera sconvolee l'edificio. Brani di crociere e blocchi di calcare vennero
lanciati nel raggio di diversi chilometri. Negli anni successivi si apprestò la
ricostruzione, che lasciò intatte le parti rovinate dall'esplosione, mentre si
crearono tamponature per la realizzazione di magazzini. In età napoleonica il castello
rivisse con funzioni militari e venne munito di bocche da cannone. Nel 1838, a
salvaguardia dei moti che stavano scatenadosi in tutto il regno, i borbonici di
Ferdinando vi innalzarono una casamatta. Il castello venne poi consegnato al
Regno di Savoia ed utilizzato fino alla seconda guerra mondiale come deposito
di materiale militare. In seguito alla smilitarizzazione dell'area si sono
succeduti numerosi lavori di restauro (l'ultimo terminato nel 2010) che hanno
riportato la fortificazione agli antichi splendori, diventando oggi uno dei
castelli siciliani più suggestivi dell'isola, un vero e proprio simbolo del
potere e della genialità dell'imperatore Federico II. L'apertura al pubblico ha
permesso lo svolgimento di spettacoli dell'Ortigia Festival ma anche di ospitare
il cosiddetto G8 ambientale che ha visto la presenza dei ministri dell'ambiente
dei paesi industrializzati.
Fonti: http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/database/page_musei/pagina_musei.asp?ID=102&IdSito=77,
http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_Maniace,
http://www.icastelli.it/castle-1234820900-castello_maniace_o_svevo_di_siracusa-it.php,
Foto: da http://www.siracusanews.it/node/38291
e da http://www.siracusaturismo.net/public/cosa_vedere/Castello_Maniace_Siracusa.asp
giovedì 18 dicembre 2014
Il castello di venerdì 19 dicembre
MAROSTICA (VI) – Castello Inferiore dei Della Scala
Costituisce un pregevole esempio di architettura militare. La
sua costruzione risale agli anni 1312 e successivi,
come quella del Castello Superiore (http://castelliere.blogspot.it/2014/12/il-castello-di-lunedi-15-dicembre.html).
Detto anche Castello Da Basso, il Castello Inferiore, di pianta
rettangolare e tutto merlato, è un tipico castello-recinto costruito a ridosso
di un imponente Mastio. Secondo la tradizione, la costruzione del mastio viene
attribuita a Cangrande Della Scala. Questa grande e possente torre fece,
secondo alcuni autori, parte integrante nella costruzione del Castello
Inferiore successivamente e precisamente al periodo delle realizzazioni
di Mastino II Della Scala, quindi dopo il 1339, quando il complesso
fortificato venne completato con il recinto quadrangolare e la costruzione di
altre strutture chiuse, al suo interno. Dopo la guerra della Lega di Cambrai
(1509-1510) il podestà trasferì la sua sede dal Castello Superiore, gravemente
danneggiato, al Castello Inferiore. Numerosi ed
autorevoli testimoni ci raccontano del Castello Da Basso. Lo storico Matteazzi
(1708) ricorda la possente e solida architettura militare capace "a tener
lungi un esercito" e la residenza del Podestà "così comoda et
decorosa, che altri castelli da me molto vedduti, non hanno la compagna
certo". E poi l'inglese H. Brown (1884) che ci racconta che "l'intera
facciata è dipinta di rosso, ma un rosso di quattro o cinque tinte differenti,
che passano dal chermisino al porpora, dove il dipinto e l'intonaco son molto
antichi e resistenti alle intemperie". Infine lo Spagnolo (1907) che
descrive l'uso e la distribuzione dei locali che all'epoca ospitavano le
carceri (nel mastio centrale), il teatro sociale, le scuole elementari e
commerciali, la pretura, l'ufficio postale e la gipsoteca Ferrari. Tutto ciò
sino al grande restauro del 1934/135 che restituì al Castello l'attuale
immagine. Dal 1935 al 1984 fu sede del Municipio di Marostica e di tutti i suoi
uffici. Entrando nel cortile, troviamo a sinistra due affreschi secenteschi di
S. Cristoforo e di S. Antonio Abate; il loggiato coperto immette il visitatore
nella Sala dedicata alle mostre ed alla Civica Biblioteca. Nel mezzo del
Cortile vi è il pozzo, coperto da una grata medioevale, inconsueto per le
notevoli dimensioni della sua vera in pietra. Recenti indagini hanno appurato
una profondità di 27 metri, ma non è stato ancora possibile individuare il
passaggio segreto di collegamento (o una via di fuga) con il pozzo della
Piazza. La bifora in pietra collocata sulla parete a ponente del loggiato,
proviene dal chiostro del Convento di San Sebastiano. Il grande Mastio domina
il cortile ed è ancora avvolto, ma ormai in fase calante, da una edera che
esperti botanici hanno catalogato tra le più grandi d'Europa. Alzando l'occhio
all'angolo sud-ovest del cortile, è visibile il Posto di Guardia: un
osservatorio importante per le guarnigioni del Castello. Al primo piano c’è il
Loggiato Superiore, sulle cui pareti sono presenti affreschi del XVII sec., con
richiami ad episodi mitologici. I due busti sulla parete sud, sono di Angelo
Emo e Giovanni Pesaro. Dodici panche lignee, dell'inizio del '700 ed
appartenute a nobili famiglie che per diritto di nobiltà potevano sedere in
Consiglio, sono distribuite sui lati del loggiato. Sul lato a sud, vicino allo
scalone d'accesso, troviamo una pietra tombale della nobile famiglia Tavola,
ora scomparsa. Una curiosità: sulla parete ad est si può leggere l'iscrizione
"PO-CHI-TE-GE-A-I", è un rebus di Canto Gregoriano che si presta,
almeno, a due soluzioni "Solo chi è Re può essere Re" oppure
"Solo chi è Re può regnare". Nella sala più importante del Castello
(Sala del Consiglio), ancor oggi vi si tengono le sedute del Consiglio
Comunale. Venne costruita dal Podestà Marino Nadal (1662-1663) come cappella
privata. Le pareti sono interamente affrescate ed un coro ligneo di epoca
settecentesca, recuperato da una Chiesa in demolizione, attornia tre lati della
Sala. Vi è poi la Saletta delle Armi, con un interessante il fregio che
perimetra il soffitto a motivi di scacchiera in bianco e nero: un ricordo
perenne della famosa tradizione di Marostica. Nella Sala d'onore, ambiente di
rappresentanza del Castello - un tempo sede dei Podestà della Serenissima
Repubblica di Venezia - sono conservati il Gonfalone ufficiale della Città di
Marostica, con il leone rampante sulla rocca, ed un affresco del XVI secolo. La vicenda della Partita a Scacchi risale al 1454 quando Marostica era
fedelissima alla Repubblica Veneta. Avvenne che due nobili guerrieri, Rinaldo
d'Angarano e Vieri da Valtonura, si innamorarono della stessa fanciulla, la
bella Lionora, figlia di Taddeo Parisio, castellano di Marostica. Pertanto,
com'era costume di quei tempi, i due si sfidarono a duello per conquistare il
diritto di sposare Lionora. Ma il castellano, che non voleva inimicarsi i due
calorosissimi guerrieri e perderli in duello, proibì l'incontro rifacendosi ad
un editto di Cangrande della Scala e decidendo, invece, di disporre una partita
al nobile gioco degli scacchi con la quale avrebbe dato in sposa Lionora al
vincitore, riservando allo sconfitto la mano della figlia minore Oldrada. L'incontro
si sarebbe svolto in un giorno di festa nella Piazza del Castello da Basso o
Inferiore, con personaggi armati delle nobili insegne dei Bianchi e dei Neri
con le antichissime regole e la cerimonia che la nobile arte comandava, in
presenza del Castellano, della sua figlia, dei Signori Angarano e di Vallonara,
dei nobili e del popolo. Decise anche che la sfida fosse ornata da una sfilata
di uomini d'arme, di fanti, di cavalieri, con fuochi e luminarie, danze e
suoni. Ecco dunque scendere in campo gli armati: erano arcieri e alabardieri,
fanti schiavoni e cavalieri, il castellano e la sua nobile corte con Lionora
trepidante perché segretamente innamorata di uno dei contendenti, la fedele
nutrice, dame e gentiluomini, l'araldo, il capitano d'armi, falconieri, paggi e
damigelle, vessilliferi, musici, massere e borghigiani e poi ancora i Bianchi e
i Neri con Re, Regine, torri e cavalieri, alfieri e pedoni, e i due contendenti
che ordinavano le mosse; tripudio infine per la vittoria, fuochi e luminari
secondo l'ordine del castellano. Madonna Lionora aveva segretamente fatto
sapere al contado che il castello da Basso sarebbe stato illuminato di candida
luce se avesse vinto il cavaliere di cui era innamorata, affinché tutti
potessero partecipare alla sua gioia. E' così ancor oggi tutto si ripete come
la prima volta, in una cornice di costumi fastosi, di parate. I comandi alle
milizie vengono tuttora impartiti nella stessa lingua della "Serenissima
Repubblica di Venezia". La Partita a Scacchi a personaggi viventi viene
giocata a Marostica sulla Piazza, che costituisce una gigantesca scacchiera, il
secondo venerdì, sabato e domenica di settembre degli anni pari. Per
approfondire, consiglio la visita del seguente link, con molte altre
informazioni sul maniero: http://www.bassanodelgrappaedintorni.it/index.php?option=com_content&view=article&id=389:marostica-citta-murata-il-castello-inferiore-il-gioiello-di-marostica&catid=129:marostica&Itemid=239
Fonti: http://www.icastelli.it/castle-1238683925-castello_inferiore_di_marostica-it.php,
http://www.vicenzanews.it/a_306_IT_1026_2.html,
http://www.vitourism.it/a_123_IT_452_1.html
Foto: una cartolina della mia collezione e di Luca
Trattenero su http://www.nonsoloelicotteri.com/aereeveneto.htm
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