domenica 22 giugno 2014

Il castello di domenica 22 giugno






TURSI (MT) – Castello

Il grande centro abitato di Tursi pare fosse stato abitato e costruito nel IV e V sec. dai Goti che, penetrando nell’Italia semidesertica, colonizzarono estese terre un tempo controllate dalla fattorie romane tardoantiche, che a loro volta vennero via via abbandonate. Si racconta che il primo nucleo della città prese il nome di "Rabatana" o "Arabatana" perché un gruppo di Saraceni volle erigere una torre, dove poi avrebbe dimorato il loto capo, un certo Tursico. Nel corso dei secoli IX e X da Bari, sede di un emirato arabo dall'847 all'871, gli Arabi si spinsero all'interno dell'Italia meridionale, quindi anche della Basilicata, per compiere saccheggi e catturare prigionieri da vendere come schiavi nei centri dell'impero islamico, in quel periodo in una fase di massima espansione. Secondo alcuni cronisti del tempo e secondo le fonti disponibili, gli stanziamenti arabi furono consistenti e di lunga durata in molti centri del medio bacino del Bradano e del Basento, nel Basso Potentino e nella Val d'Agri. Le numerose tracce architettoniche che ancora si possono leggere in molti centri storici e le tracce linguistiche nei dialetti locali, fanno ritenere che non si trattò esclusivamente di insediamenti militari, ma di vere e proprie comunità articolate, dove un ruolo di rilievo era svolto da mercanti ed artigiani. Le tracce degli insediamenti arabi sono ancora perfettamente leggibili a Tursi, a Tricarico e a Pietrapertosa: si tratta di quartieri che la tradizione appella come Rabatana, Rabata o Ravata, richiamando etimologicamente il termine ribat, che in arabo significa luogo di sosta o anche posto fortificato. Sono per esempio ancora leggibili a Tricarico i due quartieri della Rabata e della Saracena, con le porte di accesso e le rispettive torri, risalenti all'XI secolo. L'abitato è diviso in due da una stretta strada principale, l'araba shari, da cui si dipartono le vie secondarie (darb), che si intrecciano tra loro e si concludono in vicoli ciechi (sucac), che definiscono unità di vicinato ben distinte l'una dall'altra; i singoli nuclei abitativi, spesso ipogei, se da un lato tendono a chiudersi in difesa rispetto all'esterno, dall'altro con questo comunicano attraverso i terrazzamenti degradanti, coltivati ad orti o a frutteto, disposti a corona lungo il perimetro del tessuto edilizio. La Rabatana di Tursi coincide con la parte più alta dell'abitato altomedievale, in ottima posizione difensiva. L'intrico edilizio che ancora caratterizza questo quartiere era dominato dalla presenza del castello, di cui attualmente restano poche tracce. La Rabatana è collegata al corpo del paese per mezzo di una strada ripida (in dialetto "a pitrizze"). L'antico borgo saraceno è indissolubilmente legato alla poesia dialettale di Albino Pierro. Nei dirupi sottostanti, a testimonianza dell'antichità del luogo, sono state trovate alcune palle di piombo a forma di olive, con un piccolo buco in uno degli angoli, con incisioni in greco ed in latino, che venivano lanciate contro i nemici con fionde, da tiratori scelti, dai romani denominati marziobarbuli. Nel cuore della Rabatana sorge la Chiesa Collegiata di S. Maria Maggiore, e, volgarmente detta Madonna della Cona. All'interno vi è una catacomba (Kjpogeum), di struttura gotica e adornata da scritture sacre. Gli affreschi presenti, risalenti al XVI secolo, sono riconducibili a Simone da Firenze e ad allievi della scuola di Giotto. Al suo interno si trova inoltre uno stupendo presepe in pietra realizzato nel XV sec. da autore incerto (Altobello Persio o più probabilmente Stefano da Putignano, autore del presepe presente all'interno della Cattedrale di Altamura). Una tradizione vuole che questo Tursico, stanco ed ormai vecchio delle scorrerie, decise di dare in sposa la propria figlia al signore di un altro villaggio vicino, quello di Santa Maria d’Anglona. Tutto fu preparato per le nozze, anche perché la figlia di Tursico era bellissima con capelli ed occhi neri, e quindi molto ambita dai piccoli musulmani del tempo che allora abitavano in Basilicata; ma avvenne un fatto gravissimo. La piccola fanciulla, che doveva possedere poco meno di dodici anni, si era invaghita di un suo schiavo. Il padre se ne accorse, e decise di uccidere lo schiavo gettandolo da una rupe al di sotto della Arabatana. Nel mentre si preparavano le nozze, dopo la cerimonia di investitura del signore di Santa Maria d’Anglona, la piccola fanciulla non fu più trovata accanto al suo sposo, ma impiccata nella casa fortificata di Tursi. Il grande Tursico, conscio della sua arroganza e colmo di dolore per la morte della figlia, decise allora di convertirsi al cristianesimo e di liberare completamente la città ed il territorio dalla scorrerie arabe. Da Piazza Maria SS. di Anglona, a 346 metri di altezza, si scorgono i resti dell’antico castello costruito dai Goti, nel V secolo, per difesa del territorio: alcune parti del castello e i cunicoli sotterranei sono rimasti intatti. I recenti scavi nei pressi del castello hanno messo alla luce scheletri, tombe, monete, frammenti di anfore e palle ogivali di piombo recanti la scritte EYHfIDA (greca) e APNIA (latina), usate, probabilmente, come proiettili lanciate con la fionda a difesa della fortezza. Da atti del 1553, tra la Città di Tursi e il Marchese Galeazzo Pinelli, si rileva che il castello era abitato fino al XVI secolo. Era costituito da due piani e due torri. Alcune stampe lo riportano di forma quadrangolare con torri nei quattro angoli. Il castello aveva una superficie di oltre 5000 metri quadrati, misurando 200 palmi di larghezza e 400 palmi di lunghezza, e dentro le mura di cinta erano compresi un giardino, cantine, cisterne e comode abitazioni per i baroni (che costituivano un quarto dell’intera superficie). L’ingresso era regolato da un ponte levatoio. Dimora di numerosi signori, principi e marchesi, durante i periodi di guerra diventava una fortezza. Per tradizione si crede all’esistenza di un cunicolo tra la chiesa di Santa Maria Maggiore e il suddetto castello, che nei tempi antichi consentiva ai Signori di recarsi indisturbati in Chiesa. Dell'area su cui si estendeva il maniero oggi non esiste altro che una piccola torre posta a rinforzo di un più grande torrione circolare definitivamente abbattuto.

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