giovedì 19 giugno 2014

Il castello di giovedì 19 giugno






TORRE PALLAVICINA (BG) – Torre di Tristano e Palazzo Barbò

Prima del XIV secolo l'abitato si denominava Fiorano (Floranum), un toponimo che denuncia chiaramente la sua origine romana poiché deriva dal nome del colono romano Florus, che qui si costruì la sua fattoria in seguito all'operazione di centuriazione della pianura bergamasca avvenuta in epoca imperiale. Il vicus et fundus Floranum è citato in un documento dell'anno 840; in un altro dell'anno 948 è nominato il villaggio di Valsorda, oggi ridotto a cascinale. Nell'alto medioevo il territorio di Fiorano fu proprietà del monastero femminile di Santa Giulia di Brescia e poi di quello maschile benedettino di San Lorenzo di Cremona. Al XII secolo risale l'origine della chiesa romanica dei Santi Nazario e Celso, dipendente dalla pieve di Calcio. La pianura orientale bergamasca e la Calciana nei primi decenni del XIV secolo risultavano quasi del tutto spopolate a causa delle guerre, prima tra Papato e Impero, e poi tra Guelfi e Ghibellini; lotte che coinvolsero soprattutto quest'area di confine tra i territori di Bergamo, Cremona e Brescia. Nel 1366 le terre di Calcio, Pumenengo e Fiorano furono acquistati da Regina della Scala, moglie del duca Bernabò Visconti, che tentò in ogni modo di ripopolarli grazie ai vantaggiosi privilegi concessi dal marito alle sue proprietà. Nel 1380 la duchessa rivendette il suo feudo a vari proprietari: Calcio ai Secco, Pumenengo ai Barbò e Fiorano ai Covi e Cropelli. Tutti i nuovi proprietari si alternavano nel governo del feudo (il cosiddetto Condominio della Calciana), che continuò a godere privilegi, esenzioni fiscali e ampie autonomie dallo stato centrale. A seguito della Pace di Lodi del 1453 tra il Ducato di Milano e la Repubblica Veneta, Francesco Sforza commissionò al figlio naturale Tristano la costruzione di una torre di guardia del confine che avrebbe dovuto seguire, come stabilito dal trattato, il corso del fiume Oglio tra Soncino e Pumenengo. La torre, detta di Tristano, venne così eretta sulle terre dei Conti Barbò, feudatari dei luoghi sin dal 1070, in contrapposizione a Roccafranca, posta sul lato veneto del fiume. Il primo insediamento sorto presso la torre si denominò Torre di Tristano e quando la sua unica figlia Elisabetta portò in dote l'intera proprietà al marito Galeazzo Pallavicino (1484), il villaggiò mutò nome in Torre Pallavicina, nome che conserva tuttora. Nei primi anni del Cinquecento Adalberto Pallavicino fece erigere presso la torre medievale lo splendido palazzo, probabilmente da architetti che allora operavano in Mantova, e fece scavare il Naviglio Pallavicino che ancor oggi irriga gran parte dell'alta pianura cremonese. Egli decise di costruire una sontuosa dimora "… per non voler più seguire principi ingrati…" e quale "… sede di ozio di pace per sé e per i suoi amici (SIBI ET AMICIS)", proposito che si può leggere scolpito con un fregio, sulla pietra che corre sopra i portici della facciata. Il nome Pallavicino pare derivi da Pelavicini (deruba i vicini). Si dice infatti che i Pelavicini, poi Pallavicini, si chiamassero con quel soprannome perché erano facili ad impadronirsi dei beni altrui. Galeazzo Pallavicino dei marchesi di Busseto fu un abilissimo guerriero: venne nominato cavaliere nel 1478 ed eletto consigliere ducale nel 1483 da Gian Galeazzo Maria Sforza per essersi distinto in molte battaglie. Combattè con gli Sforza contro i francesi e poi con i francesi contro gli Sforza. Morì nel 1520 senza vedere il ritorno degli Sforza a Milano. I discendenti fecero costruire anche due oratori: uno fu fondato dal figlio Adalberto nel 1568 e fu dedicato a S.Lucia, l'altro, ultimato nel 1638, dal nipote Alessandro Galeazzo che lo dedicò alla Vergine di Loreto e lo dotò di un legato per i bisogni del culto. La linea maschile della dinastia terminò verso il 1850 con Giuseppe, il quale non ebbe discendenti: l'intero patrimonio passò così alla sorella che aveva sposato Gerolamo Barbò. Dai Pallavicino ebbero origine anche le famiglie degli Estensi, degli Obizzo, dei Massa e dei Malaspina. Essendo zona spartiacque anche tra la Repubblica di Venezia ed il Ducato di Milano, Torre Pallavicina venne inserita in una vera e propria zona franca, chiamata Calciana, senza tasse da versare e con una propria amministrazione. E come in tutte le zone di confine, notevole era il contrabbando praticato nonostante le rigide leggi che lo vietavano, pena dure sanzioni, anche se per gli abitanti stessi questa era una delle principali fonti di sostentamento. La conquista napoleonica del 1796 mise fine al feudo dei Condòmini; la Calciana e la Gera d'Adda furono aggregate a Bergamo. La torre, realizzata interamente in mattoni, è munita sui quattro lati di beccatelli sporgenti e piombatoi che ne garantivano la difesa dall'alto. La merlatura è stata inglobata dal sopralzo realizzato in epoca rinascimentale. Una passerella, originale nella sua struttura, mette in comunicazione l'antica torre di difesa con lo splendido palazzo residenziale fatto costruire nel 1550. Il fronte principale della costruzione è caratterizzato da un portico sorretto da archi sopra i quali spiccano, scolpiti nella pietra, stemmi nobiliari, mentre sotto i portici sono affrescati quelli delle famiglie che si succedettero nel possesso della costruzione. Tutte le finestre e le porte d'accesso portano la scritta "AD.MA.PA" (Adalberto Marchese Pallavicino) a ricordo perenne del nome dell'edificatore. I locali situati nella parte originaria della roccaforte non vantano decorazioni di alcun genere mentre nelle sale del sopralzo i soffitti sono intagliati. All'interno del palazzo, al piano terreno, c'è un grande salone con la volta tutta affrescata con motivi mitologici. Al primo piano vi è invece una sala con un camino adornato con sculture di pregevole fattura. Le altre sale sono completamente affrescate e i soffitti in legno intarsiato sono di grande effetto. Alcune opere risalgono all'inizio del 1500, altre alla fine del 1700. Si tramanda che truci vicende siano avvenute tra queste mura e anche se la fantasia popolare, con il passare del tempo, ha aggiunto molto, se pur degli avvenimenti erano realmente avvenuti. Al termine della scala che porta ai sotterranei si apriva un profondo pozzo sul fondo e sulle pareti del quale erano infisse delle lame taglienti rivolte verso l'alto. Lì dentro si poteva facilmente cadere semplicemente ponendo i piedi al di fuori di un tracciato prestabilito; un passo incauto poteva infatti rompere l'equilibrio del coperchio della botola che ruotava sopra un perno centrale. L'apertura di questo pozzo è stata chiusa soltanto durante l'ultimo conflitto mondiale. Ogni anno, la prima domenica di settembre, ricorre la tradizionale festa della Sacra spina, la famosa reliquia che fu donata al marchese Galeazzo Pallavicino, il 30 maggio del 1476, dall'Arcivescovo di Bologna Francesco Cotogni con il permesso di esporla alla venerazione dei fedeli. Dal 1952 la reliquia appartiene alla chiesa parrocchiale di Santa Maria in Campagna, nel comune di Torre Pallavicino. Il palazzo è tuttora proprietà della famiglia Barbò.

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