venerdì 11 luglio 2014

Il castello di sabato 12 luglio




di Mimmo Ciurlia



FUMONE (FR) - Castello Longhi-De Paolis   

E' uno dei luoghi più suggestivi, misteriosi e affascinanti del basso Lazio. Fu un vero e proprio punto di guardia nato come fortezza militare: dalla Rocca infatti si possono ammirare ben 45 comuni, dai Castelli Romani verso nord, alla pianura di Cassino e ai Monti Aurunci, verso sud. La storia del castello di Fumone ha origini oscure e antichissime. Sin dagli albori Fumone fu importante vedetta e luogo di comunicazione. L’altura di 800 mt ove è collocato si trova in una posizione di straordinaria importanza strategica, una posizione geografica a dominio sull’intera valle del Sacco e della strada maestra che collegava Roma e Napoli: la via Latina. Il nome è dovuto al fatto che il castello, posto sulla sommità del monte, fu usato per oltre 500 anni come punto di avvistamento. Le fumate che fuoriuscivano dalla torre avevano il compito di comunicare che i nemici si erano immessi sulla via Consilina e avvertivano quindi la popolazione dell'imminente pericolo. Eretta tra il IX e il X secolo e più volte rimaneggiata, la Rocca Longhi-De Paolis è famosa non soltanto per essere stata la prigione di Celestino V, nonché luogo della sua morte, ma anche per ospitare uno straordinario giardino pensile (il più alto d’Europa, con i suoi 800 metri s.l.m.) da sempre conosciuto come la “terrazza della Ciociaria”. L’Arx Fumonis fu sin dall’Alto Medioevo un’imprendibile fortezza e respinse, fra gli altri, anche gli assedi degli imperatori Federico Barbarossa ed Enrico VI e venne conteso tra le maggiori famiglie nobiliari laziali. A partire dal X secolo la storia di Fumone è strettamente legata a quella della Chiesa. Il primo documento ufficiale in cui compare il nome di Fumone è la “ Donazione Ottoniana” quando nell’anno 962 l'imperatore di Germania, Ottone I° di Sassonia, donò alla Santa Sede e al suo Pontefice Giovanni XII, le città di Teramo, Rieti, Norcia, Amiterno e l'Arx Fumonis. Questa importante donazione dimostra come il Castello di Fumone era allora degno di essere donato ad un Papa al pari di notevoli città, e che  nel X secolo la fortezza era già famosa e collaudata. Dalla documentazione storica esistente, risulta come primo feudatario della Rocca un tale Leo de Fumonis nel 1111. Molteplici furono le Castellanie, Signorie e Custodie che occuparono la rocca sotto i vari pontificati, mentre nel Medioevo era amaramente nota per le condizioni crudeli in cui vi erano tenuti i carcerati e per le torture che vi si eseguivano. Nel 1116, durante la controversia delle investiture e la lotta in Roma tra fazione dell’imperatore  Enrico V e quella papale di Pasquale II, vi fu rinchiuso il Prefetto di Roma Pietro Corsi ( per importanza la seconda carica dopo il Papa) che aveva stretto alleanza con l’Impero. Nel 1118 fu fatto rinchiudere in Fumone, come prigioniero di Stato, Maurice Bourdin, un monaco francese Vescovo di Coimbra e poi Arcivescovo di Braga in Portogallo, divenuto poi antipapa con il nome di Gregorio VIII, anteposto dall’Imperatore Enrico V ai papi Pasquale II e Gelasio II. Dopo sette anni, però, venne sconfitto a Sutri e condotto in catene da papa Callisto II a Fumone dove fu rinchiuso. Alla sua morte, il corpo dell’antipapa fu sepolto nel castello e non venne mai più ritrovato. Il castello nel 1155 venne assediato invano da Federico Barbarossa, e nel 1186 Fumone fu l’unica Rocca che riuscì a resistere all’opera devastatrice di Enrico VI, fondatore in Sicilia della dinastia degli Svevi. Il prestigio della Rocca fu motivo di mire autonomistiche e di possesso da parte dei baroni e dei conti ai quali veniva affidata, e questo richiese numerosi interventi da parte dei papi Innocenzo III, Onorio III e Gregorio IX per ristabilire la sottomissione del Castello di Fumone. Tuttavia l’episodio più importante avvenuto nel castello di Fumone, motivo per cui il nome della rocca si ritrova inserito in tutti i libri di storia, avvenne nel 1295 quando vi fu rinchiuso papa Celestino V, che vi morì dopo dieci mesi di dura prigionia. Celestino V (l’eremita Pietro da Morrone) fu eletto papa all’età di 86 anni dopo 30 mesi di conclavi andati a vuoto. Il suo nome fu scelto per via della santa vita, per la fama che godeva come dispensatore di miracoli, e soprattutto per ragioni politiche, vista la impossibilità per le famiglie cardinalizie dominanti, i Colonna e gli Orsini di trovare un accordo. Ma la scelta dei cardinali di puntare su di lui si rivelò un errore. Celestino V, apparentemente ingenuo e facilmente manipolabile, agì senza tenere in nessun conto gli interessi dei suoi elettori e compì una serie di azioni (spostò la sede del papato da Roma a Napoli, creò 10 nuovi cardinali, dimezzando così il potere di quelli già esistenti, tolse dall’abbazia di Montecassino i monaci Benedettini sostituendoli con i Celestini) che gli portarono l’avversione della Curia romana. Il pontificato di Celestino durò pochi mesi, il suo animo puro entrò presto in contrasto di coscienza con le decisioni politiche che spesso dovevano essere fatte nell’interesse della Chiesa, e dopo un tormentoso travaglio Celestino V rinunciò alla tiara abdicando. Al suo posto venne eletto papa Bonifacio VIII. Il nuovo pontefice resosi presto conto della illegittimità della sua elezione (Celestino V rimane l’unico papa ad aver abdicato) decise di recluderlo in una prigione pontificia di massima sicurezza. Fu così che il sant’uomo venne rinchiuso nel Castello di Fumone e vi morì il 19 maggio del 1296 compiendo nel luogo dove visse 10 mesi, il suo primo miracolo da morto. Le cronache del tempo raccontano che poche ore prima del suo decesso si verificò nel castello di Fumone uno straordinario prodigio, che fu interpretato come il presagio della morte del santo: apparve infatti una croce luminosa, che rimase sospesa in aria innanzi alla porta della cella ove egli era rinchiuso e scomparve non appena il corpo venne portato fuori per essere condotto alla sepoltura. Successivamente, nel corso del processo di canonizzazione di Celestino ordinato da Clemente V nel 1313, a testimoniare il prodigio sarebbero accorsi in molti, tra i quali i due cavalieri, originari di Ferentino, che lo tenevano in custodia. Era l’estremo tentativo di riparare ai torti subiti da questo grande papa, la cui vita, per molti versi, rimane avvolta nel mistero. Secondo la tradizione popolare poi, si crede che nella sala principale siano stati murati vivi monaci, per le loro clandestine relazioni amorose o per proteggere chissà quale arcano segreto custodito tra i tantissimi documenti delle librerie. Nel corso del XVI secolo il castello di Fumone perse la sua importanza militare e senza più lavori di manutenzione andò decadendo. Fu così che nel 1584 papa Sisto V decise che, essendovi morto Celestino V, il castello andava conservato come memoria storica, e lo affidò ad una famiglia aristocratica romana: i marchesi Longhi de Paolis. Le ragioni della scelta di Sisto V su questa famiglia furono legate al fatto che il loro antenato Guglielmo, nominato cardinale da Celestino V, iniziò a crearne il culto (prese sotto propria protezione tutte le chiese, cenobi, abbazie celestiniane, e soprattutto protesse e foraggiò l’ordine dei Celestini creato da Pietro del Morrone a metà del 1200). Appena entrati nel castello, sul lato sinistro di una ripida rampa di scale è ancora visibile il cosiddetto "Pozzo delle Vergini", un pozzo stretto e molto profondo sul cui fondo erano collocate delle lame affilate, dove venivano gettate le donne appena sposate che non giungevano vergini al letto del proprietario del castello. Secondo l'antica pratica del "jus primae noctis" infatti tutte le ragazze che prendevano marito dovevano trascorrere la prima notte dopo le nozze nel letto del signore del luogo e se costui non ne constatava la purezza le gettava nel pozzo dove le poverette trovavano una morte atroce accompagnata dalle urla strazianti che risuonavano per tutto il borgo. Questa “tradizione” è talmente barbara da sembrare assurda! Eppure, il ritrovamento di ossa umane femminili in fondo al pozzo, è stata una conferma che il fatto avvenisse realmente. Procedendo in un corridoio pitturato di rosa, si può osservare, inglobata nel muro di destra, una porzione di lapide funeraria con iscrizioni e decorazioni amorose risalenti all'epoca romana; sul muro di fronte è posta una lapide scritta in latino che ricorda l'antipapa francese Gregorio VIII. Da questo corridoio, tramite una porta, si accede alla prima delle sale lussuose che compongono il piano nobile del castello. La prima, chiamata "sala degli Antenati", è arricchita con arredi sfarzosi, statue romane, numerosi busti ed un grande camino; superando un'altra porta si accede alla "sala dei Cesari", caratterizzata da busti originali del I secolo dopo Cristo che raffigurano Imperatori Romani, pareti arricchite da pitture rinascimentali e una grande urna cineraria in marmo dal valore inestimabile che, data la sua grandezza, si presume abbia dovuto contenere le ceneri di qualche persona illustre dell'antichità; risulta tuttavia difficile riuscire a capirlo visto che nei secoli è andata persa la targhetta laterale con un nome posta al suo fianco. Successivamente si giunge ad una piccola cappella con reliquie, ove sono custodite numerose reliquie dei Santi, donate dalla Santa Sede attraverso pontefici e cardinali nei secoli e fatta erigere dai Marchesi Longhi nel Settecento nei pressi dell'angusta cella dove venne rinchiuso e morì, dopo mesi di torture e di stenti il Papa Celestino V. Dalla cappella si esce su di un cortiletto all'aperto; una volta oltrepassatolo si giunge nella saletta dell'archivio, dove si trovano antichi libri e documenti, un quadro della Marchesa Emilia Caetani Longhi, e sulla destra, una piccola credenza che al suo interno conserva la testimonianza di una toccante vicenda accaduta proprio tra le mura del castello nel corso del XIX secolo. All'interno di una teca di vetro, la salma del marchesino Francesco Longhi, imbalsamata e perfettamente conservata nella cera. Francesco era l’unico erede maschio della famiglia Longhi e avrebbe quindi acquisito l’intera eredità, secondo la regola della primogenitura maschile. La madre aveva dato alla luce ben sette figlie femmine che, crescendo, non si rassegnarono ai privilegi di Francesco e misero in atto un tremendo piano di vendetta. Giorno dopo giorno misero dei pezzetti di vetro nel cibo del bambino che ben presto cominciò ad accusare tremendi dolori che lo portarono alla morte, dopo una lenta agonia, all'età di soli 5 anni. Le spoglie furono imbalsamate con la cera, per ordine della madre disperata, che non lo volle seppellire nel tentativo di tenerlo per sempre accanto a sé. Il corpo del piccolo è esposto in una teca conservata nel castello ed è visibile al pubblico. La tecnica che fu utilizzata per conservare il corpo del bimbo non è ben chiara, ed il medico che la eseguì morì subito dopo in circostanze misteriose. La madre non seppe mai la verità, e morì nella convinzione che il suo figlio prediletto fosse morto di polmonite. Ad appesantire l’atmosfera del castello fu una decisione presa dalla donna stessa, di far ridipingere tutti i ritratti presenti, allo scopo di eliminare ogni scena di felicità e serenità. Un ritratto nel quale la donna portava un vestito bianco, per esempio, venne modificato. L’abito fu dipinto di nero e fu coperta la collana. Fra le mani comparve una piccola culla con dentro l’effige del suo amato bambino. Soltanto dopo la morte di quest’ultima, una delle figlie confessò il misfatto. Ma vi è anche un’altra storia legata alla morte del piccolo Francesco Longhi. Si narra, infatti, che il fantasma di sua madre si aggiri ancora, senza pace, nella sale e nelle camere del castello di Fumone. Ogni notte la donna si recherebbe nella stanza dov’è conservata la teca con il corpo di suo figlio per abbracciarlo. E, ogni notte, riecheggiano nel castello i passi del fantasma, si odono le nenie e singhiozzi provenire dalla stanza dove è custodito il corpo. Inoltre lo stesso marchesino, ogni notte, si diletterebbe a spostare oggetti e fare scherzi. Altra leggenda vuole che il fantasma dell'antipapa Gregorio XIII, murato vivo in una delle mura della fortezza (non si sa quale, il corpo non è mai stato rinvenuto), talvolta si diverta nel battere colpi contro le pareti dell'edificio. Stando all'attuale proprietario, il 26° marchese, ci sarebbero ben 18 spiriti nel castello. La visita nel maniero procede poi nelle antiche cisterne che raccoglievano l'acqua, dove sono conservate appese due tinozze ed un gigantesco calderone di rame il quale veniva anticamente riempito di liquidi bollenti (acqua, olio o pece) che venivano riversati sui nemici come difesa piombante dall'alto delle mura del fortilizio. Successivamente si accede, salendo un'angusta scaletta, sullo spettacolare giardino pensile (3500 mq), ricavato dalla ristrutturazione del cammino di ronda e dall’abbattimento di alcune torri in età moderna. Da quassù si possono ammirare più di quaranta dei novantuno paesi di cui è composta la provincia di Frosinone; si notano molto bene Alatri, Collepardo, Vico Nel Lazio, Frosinone, Veroli e Torrice. Questo tipico esempio di giardino pensile all'italiana, è suddiviso in due livelli. Nel primo livello si trova un giardino ricco di arbusti, piante e slanciati cipressi secolari, tra i quali spicca "l'albero degli amanti": questo cipresso, "dall'alto" dei suoi 400 anni è il più antico di tutti ed è inoltre il frutto di un'unione di due alberi anticamente distinti, dei quali la leggenda narra che rappresentino la trasformazione di due amanti. Altro punto saliente del primo livello del giardino è la pietra sommitale degli 800 metri, che si trova al centro del giardino stesso posta in uno dei vialetti; vuole la leggenda che sfregare questa pietra porti fortuna. Il secondo livello del giardino pensile si trova poco più in basso e non è visitabile. Dopo aver visitato il bellissimo giardino, si ritorna all'interno del fortilizio ed una volta scesa la scala adiacente il "pozzo delle vergini", si va a visitare l'ultima delle stanze del piano nobile, la "sala degli stemmi". Anticamente adoperata dai nobili del castello come sala da ricevimento degli ospiti a tavola, conserva un antico forno a legna dominato dalla gigantesca cappa di un camino sormontata da un grande stemma, le bianche pareti della sala sono ornate dagli stemmi delle famiglie che hanno dominato la rocca durante i secoli, mentre il pavimento, in cotto, dona eleganza ed austerità alla sala. Nel 1990, Stefano e Fabio de Paolis, gli attuali proprietari del castello, lo hanno aperto al pubblico: si effettuano visite guidate nella prigione di papa Celestino V, nel giardino pensile e nel piano nobile del Castello.

Fonti:
http://www.ilpatrimonioartistico.it/il-castello-di-fumone/
http://oubliettemagazine.com/2013/09/12/castello-di-fumone-in-lazio-tra-antiche-leggende-e-storie-di-fantasmi/
http://www.ciociariaturismo.it/index.php?option=com_content&view=article&id=409:il-castello-di-fumone&Itemid=1613&lang=it
http://www.icastelli.it/castle-1237743870-castello_longhi_de_paolis_di_fumone-it.php
http://www.goticomania.it/mete-gotiche/il-castello-di-fumone-e-i-suoi-misteri.html
http://illaziodeimisteri.wordpress.com/2013/02/08/il-castello-di-fumone-e-la-tragica-storia-del-marchesino/
http://darkgothiclolita.forumcommunity.net/?t=53663333
http://www.sulletraccedelmistero.it/107-il-castello-di-fumone.php
http://www.visitlazio.com/borghi-e-citta?title=fumone-l%E2%80%99antica-fortezza&articleId=60421
http://www.castellodifumone.it/storia.html
http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_Longhi
http://www.comunedifumone.it/turismo/il-castello-longhi.html

Foto: una cartolina della mia collezione e un'immagine da www.tripadvisor.it

1 commento:

Unknown ha detto...

L'ultimo marchese fu il prof Giuseppe Marchetti Longhi . Con lui il titolo marchionale è estinto .