sabato 28 febbraio 2015

Il castello di sabato 28 febbraio






SAMBUCI (RM) – Castello Theodoli

La storia di Sambuci è strettamente legata al suo castello, la cui costruzione nelle forme attuali è avvenuta in varie fasi tra il XIII e il XVII secolo. È menzionato come tale, per la prima volta, nella lapide murata sulla facciata della Chiesa di Santa Scolastica dell’Abate Umberto del 1052: Sambuculum è compreso fra i possedimenti fortificati dell’Abbazia. Nell’XII secolo il feudo passò, insieme ai vicini paesi di Saracinesco ed Anticoli, ai D’Antiochia che provvidero per primi alla costruzione della rocca. È forse questo il periodo più significativo ed importante per Sambuci, che seguì le alterne vicende della famiglia, partecipando a lungo alle guerre contro i tiburtini. Il castello rimase ai D’Antiochia fino al 1541 quando con atto testamentario il feudo passò ai Mareri. Dieci anni dopo fu acquistato dal vescovo di Sulmona Zambeccari e nella seconda metà del XVI secolo passò agli Astalli. Nel 1654, il cardinal Camillo Astalli, segretario di papa Innocenzo X lo scelse come stabile dimora e per questo fece una serie di lavori sul corpo del castello fino a conferirgli  l’aspetto di una residenza signorile. Nel XVIII secolo passò ai Piccolomini e nel 1878, i Theodoli, che già possedevano San Vito Romano e Ciciliano, ne divennero i proprietari. Il castello, una volta scelto dal cardinale Astalli nel 1654 come fissa dimora, fu oggetto di restauri e rifacimenti, trasformandosi in una vera residenza signorile. Addossato al castello, fu aperto un bel giardino all’italiana e fu costruita un’elegante loggia con volute barocche e contrafforti che si affacciava proprio sul nuovo giardino. Arricchito con statue, fontane e vasche, il giardino fu poi ornato dai Theodoli da un boschetto, con crescita spontanea del verde, che imitava il tipico giardino romantico all’inglese, molto di moda nell’800. L'architettura della facciata nord del castello, su Piazza di Corte, rivela chiaramente due corpi di epoche diverse: una parte comprende due delle quattro torri dell'intero complesso, il portale bugnato dal quale si accede al cortile coperto e, arretrata, la facciata del palazzo collocabile tra Medioevo e Rinascimento; oltre la torre di sinistra invece si distingue il corpo seicentesco a due piani, con eleganti finestre ad arco e rettangolari, che in basso ospita un'ampia nicchia con fontanella. Quest' ultimo fu aggiunto dagli Astalli per comprendere una cappella e un nuovo salone con loggia ad est verso i giardini. Una pregevole veduta di quest'ala e della loggia, con contrafforti e volute barocche, si ha dalle aiuole all'italiana del parco. Il castello si presenta come un ampio quadrilatero molto irregolare, con quattro torri angolari con un residuo di scarpa alla base e si sviluppa su cinque livelli, di cui uno seminterrato. Quest' ultimo era adibito alle cucine, il piano terra a pratiche lavorative, allo studio e al culto; al primo piano vi erano le sale di rappresentanza, il grande salone per le feste e le stanze ad uso privato; al secondo le stanze degli ospiti e i forestieri e il terzo era destinato ai servizi. All'interno dell’edificio si deve segnalare la presenza di numerose sale affrescate di notevole interesse e bellezza; nel torrione sud troviamo la sala “Gerusalemme liberata” con copertura a volta interamente affrescata con immagini tratte dal poema tassiano; al primo piano di grande effetto è la decorazione del Salone delle Prospettive che reca la data 1645, con vedute prospettiche di paesaggi, incorniciate da un colonnato, scandite dalle figure monocrome di Vulcano Ganimede, Giove e Marte, Ercole e Mercurio, Nettuno e Apollo; nei medaglioni monocromi, sopra le belle porte in legno dipinte, si riconoscono le figure allegoriche delle arti (pittura e scultura); di pregevole fattura è il soffitto a cassettone e travi con rosette a rilievo in nero e oro; il pavimento in ceramica è stato ripristinato dai marchesi Theodoli in epoca più recente; ancora affrescate sono una sala da bagno il cui soffitto ospita al centro la scena di Mosè e il miracolo dell'acqua ed infine la sala dei ciclopi che prende il nome dalle figure agli angoli del soffitto, in atto di sostenere medaglioni con le figure monocrome di Apollo, Marte, ed Ercole. Autore degli affreschi fu Giovan Angelo Canini studioso di antichità classiche e pitture, allievo per un breve periodo del Domenichino, che "prese poi servitù dal cardinal Astalli e per mezzo di lui la prese ancora col marchese suo fratello, che lo condusse a dipingere nel palazzo e chiese del feudo di Sambuci". Il salone del carro del Sole, al primo piano in corrispondenza della loggia seicentesca, è stato restaurato nel 1933 come ricorda l'iscrizione sopra la porta. Il soffitto in legno dipinto è di preziosa fattura nello stile del pittore Romano Mario De' Fiori. Fu trasportato e riadattato quì nel 1883 dal palazzo Theodoli di Roma, distrutto tra il 1881 e il 1882. I soggetti rappresentati sono al centro il carro del sole e ai suoi lati le allegorie del giorno e della notte. Sopra le finestre amorini in scene giocose, realizzati ad affresco. Al piano terra si trova invece la cappella privata dedicata all'Arcangelo Michele con volte decorate ed altarino centrale sormontato da una grande cornice in stucco di stile barocco, che doveva contenere un'immagine sacra. Purtroppo dell'arredo interno non rimane nulla ad eccezione di alcuni antichi scaldabagni a legna dei primi del secolo, di cui un esemplare è visibile nella sala antistante lo scalone d'ingresso. Detto comunemente dagli abitanti "La Villa" il grande giardino del castello, oggi parco comunale, si estende per una superficie di 54.650 mq ed è l'unico grande giardino della zona. Fu realizzato a partire dal XVII secolo quando da fortezza difensiva divenne dimora signorile. Nel parco si possono vedere con chiarezza le siepi modellate in maniera tale da raffigurare i simboli delle due grandi casate che abitarono il castello, le ruote dei Theodoli e i tre cerchi degli Astalli. Un altro elemento caratterizzante della villa, sono le quattro statue posizionate nel punto di incontro dei vialetti che suddividono il parco in quattro parti. Le suddette statue rappresentano le quattro stagioni e sono state ricollocate al loro posto da non molto tempo in quanto furono rubate e solo per caso ritrovate da un paesano che le vide in una vetrina di un negozio di antiquariato di Roma. Durante la seconda guerra mondiale il castello ed il giardino subirono numerosi danneggiamenti perché fu trasformato dai tedeschi in quartier generale, nascondendo nel parco i carri armati provenienti dal fronte di Montecassino. Nel 1960 il Castello passò ad una Immobiliare e, nel 1991, al Comune di Sambuci. Una “Giornata in costume al Castello” è la festa annuale che rievoca fasti e nefasti del periodo feudale. Dove c’è un castello c’è leggenda. Qui si racconta di una Signoraccia e soprattutto della Pantasema del Fontanone: due “presenze” una volta inquietanti per i bambini. L’attuale Presidente del Centro Anziani, da bambino, dimenticò una zappetta e, di notte, volle tornare a prenderla. Ma doveva passare davanti al Fontanone e dunque... alla Pantasema. Si coprì il volto e la testa con l’orlo del cappotto convinto di non farsi vedere e anche... di non essere veduto dalla Pantesema. Che era forse - ci spiegano - solo un effetto di condensazione momentanea di vapore o di nebbia! La signora Michelina, simpatica novantacinquenne, racconta che tutti avevano paura della Donna-fantasma, anche se poi ci scherzavano. Tra gli altri “luoghi magici” che sono stati individuati da Alessandro Riario Sforza c’è il tesoro presso il Castello. Il maniero “era ricco di tesori, che furono nascosti in una buca”: “Maria Theodoli  invocava nel giardino del Castello i cipressi, perché le rivelassero il segreto del tesoro. Ma i cipressi restarono muti e il tesoro è rimasto per sempre nascosto. Altri link consigliati: http://www.tibursuperbum.it/ita/escursioni/sambuci/SambuciCastello.htm, http://www.provincia.roma.it/percorsitematici/cultura/approfondimento/41021,


Foto: la prima è una cartolina della mia collezione, la seconda è di Adriano Di Benedetto su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/239430/view

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