venerdì 23 giugno 2017

Il castello di sabato 24 giugno




CARMIANO (LE) – Palazzo dei Celestini

Nel periodo di dominazione normanna (X-XI secolo) Carmiano fu dotata anche di uno stemma, che lo rappresenta tuttora. Dopo la caduta dell’Impero romano, Carmiano conobbe un periodo di grave crisi che terminò nel 1055, quando venne inclusa nella contea di Lecce, che a sua volta faceva parte del principato di Taranto. Nel 1445 quando Maria d’Enghien, contessa di Lecce, stilò il documento “Statuta et capitula florentissimae civitatis Litii”, Carmiano vi era inclusa come casale, che da circa sessant'anni era retto da un barone. Nel 1448, il paese fu acquistato dai padri celestini, che governarono con grande laboriosità. Dopo quasi quattro secoli, in cui Carmiano conobbe il Regno di Napoli e il Regno delle due Sicilie, fino ad arrivare ad essere, nel 1861, comune del Regno d’Italia. Quando i celestini s'insediarono a Carmiano, scelsero come dimora l'allora Palazzo Baronale, che con le dovute modifiche divenne un convento. Fu adibito dagli stessi quale luogo di villeggiatura fino al 1807. Il palazzo, che sorge sulla via provinciale per Lecce, fu realizzato in varie epoche e il nucleo più antico risale alla prima metà del XIV secolo. I diversi interventi decorativi e strutturali avvenuti nel tempo sono testimoniati dalla differente e asimmetrica posizione del portale maggiore rispetto alla struttura dell'insieme. La sua imponenza deriva dalle ragguardevoli dimensioni in lunghezza, pari a 45,50 metri, e in altezza, pari a 13 metri. Completamente realizzato in conci di tufo locale, è strutturato in due piani, comprendenti sale grandiose. Il prospetto del Palazzo presenta un'ampia superficie liscia movimentata da diverse porte e finestre;  la lunga facciata risulta divisa in due ordini ed è scandita da una serie di portali con soprastanti aperture quadrate al piano terra, da finestre con balconcini leggermente aggettanti, le tre di sinistra, e decorazioni con motivo a conchiglia sulla trabeazione. Caratteristico è l’ampio portale affiancato ai lati da due nicchie ospitanti statue di Virtù, rese irriconoscibili dall'avanzato stato di degrado, e incorniciato superiormente da uno stemma della Santa Croce che rappresenta l'ordine dei Celestini. A sinistra del portone Durazzesco, una porta immette all'interno di una chiesetta dedicata a San Donato, ormai spoglia del corredo religioso ma ricca ancora di un altare fregiato da stucchi e marmi di vario colore. La volta a botte dell'androne è completamente decorata da un affresco raffigurante la glorificazione dell'ordine benedettino. In una stanza adiacente alla chiesa compare sul muro un affresco di Madonna col Bambino che sovrasta un'apertura ad un piano interrato. Il piano superiore del Palazzo comprende una serie di stanze (in cui vivevano i monaci) comunicanti con ampio e luminoso salone ricoperto da stucchi eleganti che incorniciano le porte di accesso ed alcuni riquadri ormai spogli di tele. Il chiostro, che appartiene al nucleo più recente dell’edificio, è dominato da un pozzo decorato con grande fastosità barocca. Il pozzo è formato da quattro colonne sormontate ciascuna da un capitello ionico. Al di sopra dei capitelli, presi due a due, è posizionata una balaustra scanalata in pietra leccese. Un motivo di ghirigori in pietra, che termina a punta con lo stemma dei Celestini, domina il tutto con una sobria eleganza. Oggi il palazzo, che è l'edificio storicamente più importante della città, è di proprietà del Comune. Tale bene architettonico, inserito tra gli immobili di particolare pregio di Carmiano, è stato riconosciuto dalla Soprintendenza per i Beni Ambientali, Artistici e Storici della Puglia, di interesse storico e artistico. È interessante ricordare che il famoso architetto Giuseppe Zimbalo, a cui si deve in gran parte l’epopea del barocco leccese, frequentò il Cenacolo di questo Palazzo da cui attinse le grandi conoscenze teologiche che ispirarono la sua arte allegorica.



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