mercoledì 27 settembre 2017

Il castello di mercoledì 27 settembre



 

CASTELGRANDE (PZ) - Ruderi castello angioino

Il primo riferimento a Castelgrande risale al 1239, in quella fase in cui l’Imperatore Federico II impartì disposizioni rispetto alla manutenzione dei castelli. Questo ameno borgo, messo a guardia dei confini fra la provincia di Avellino e la Basilicata, per l'altitudine della sua posizione fu in origine un castello legato al nome di potenti famiglie. Dapprima dovette appartenere ad una famiglia de Grandis, e come molti castelli prese il nome dai baroni che li possedettero al tempo dell’inizio dei cognomi, ma dai registri angioini appare che suoi feudatari erano gli Anibaldi di Roma, quegli stessi che rifulsero alla battaglia di Benevento col valore di Teobaldo degli Anibaldi, morto accanto a Re Manfredi. Fu dominata poi dai Pipino di Barletta e dai Sanseverino, e facendo parte della dote di Margherita Sanseverino, madre di Re Carlo III di Durazzo, insieme a Muro ed altri feudi fu patrimonio della Regia Corte. Un Antonio di Castelgrande nell’imperversare della fazione avversa alla Corona, dopo la fine infelice della Regina Giovanna I nel vicino castello di Muro Lucano (1381), seppe talmente meritarsi la fiducia di Re Carlo di Durazzo da ottenere un diploma di esenzione delle imposte per se ed i suoi discendenti. Il Re Ferrante, avuto ragione dei baroni con tradimenti e confische, si assicuro un’effimera pace dell’agitato regno. Dalla confisca degli Alemagna passò Castelgrande ai Carafa, e durò così fino alla famosa Donn’Anna Carafa, viceregina di Napoli. Proprio in quel tempo nasceva in Castelgrande Matteo Cristiano, che fu dottore in legge, e governatore generale delle armi del Duca di Guisa, combatté con grande ardimento a favore del popolo di Napoli (nel 1648 fu lui a guidare gli insorti durante la rivolta anti spagnola), finché nel castello di Torricella, cospirando con altri nobili abruzzesi, fu preso dagli spagnoli. Condotto in Napoli trovò la morte in piazza del Mercato insieme al marchese Pietro Concublet e a Damiano Tauro, emissario dell’ambasciatore francese a Roma. Le vicende dell’eroe lucano e della marchesa di Torricella, fiera amazzone abruzzese, che mantenne vivo il fuoco della rivolta fra i baluardi naturali della montuosa sua regione, furono trascritte da documenti dal chiaro magistrato Barone Nicola Cianci di Sanseverino (nato a Castelgrande nel 1835 morto in Napoli nel 1908) e fu merito del Sindaco di Castelgrande, Comm. Potito de Sanctis, di far murare una lapide nel 14 settembre 1913 a memoria delle gesta dell’eroe lucano, intitolando al di lui nome la maggior piazza del paese. Nel 1657 la peste colpì anche Castelgrande: dei 1850 abitanti, stando ai registri parrocchiali, ne morirono circa 1200. Alla fine del XIX secolo, Nicola Cianci di Sanseverino scriveva: “…appena la strada, uscendo dal bosco demaniale di Castelgrande, costeggia le ultime diramazioni del Subappennino, a guardare le alte mura di quella fortezza longobarda e le torri quadrangolari, che ancora si tengono in piedi, la impressione, che se ne riceve, è grandissima…”. Oggi le alte mura non ci sono più e le torri quadrangolari sono meno che rovine. Altri link suggeriti: http://www.michelesantarsiere.it/castelgrande/

Fonti: http://www.basilicataturistica.it/territori/castelgrande/?lang=it, http://lucania1.altervista.org/chiese/castelgrande/Tscritto/chiesaM.htm, http://www.castelgrande.gov.it/castelgrande/storia.php

Foto: è di ik8shl su http://mapio.net/a/88317401/

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