lunedì 30 aprile 2018

Il castello di lunedì 30 aprile




OTTAVIANO (NA) - Palazzo Mediceo (o castello)

Poco prima dell’anno 1000 Octavianum mutò nome e fu chiamato Ottajano (e questo nome durò fino al 1933 quando nel bimillenario di Ottaviano Augusto il governo di allora modificò il nome in Ottaviano). Nel 1085, ospite del barone locale, vi fu in visita papa Gregorio VII, che vi celebrò la messa in una chiesetta (chiesa del Vaglio) situata presso il castello baronale (oggi palazzo Mediceo). Vari Signori e Baroni ebbero in possesso la città. Nel XIII secolo fu in possesso di Tommaso d'Aquino, nonno di san Tommaso d'Aquino, da cui passò, a varie riprese, alle famiglie degli Orsini e dei Cola. Durante il dominio angioino nel 1304 il borgo fu messo a ferro e fuoco da Carlo di Lagonessa per ordine di Carlo II d'Angiò, a causa dell'uccisione di un funzionario regio ("sovrintendente dei boschi") e della sua scorta da parte dei fratelli Giovanni e Roberto de' Marrone insieme a un gruppo di ottajanesi. Tra il 1532 e il 1551 fu feudo di Fabrizio Maramaldo, che l'aveva ottenuto per i servigi prestati a Carlo V. Il feudo venne quindi ceduto ai Gonzaga di Molfetta e da questi, nel 1567 a Bernadetto de' Medici, cugino del granduca Cosimo I e fratello del papa Leone XI. Il feudo, prima signoria e quindi principato, rimase in possesso di questa famiglia fino al 1860 e comprendeva anche gli attuali comuni di Terzigno e di San Giuseppe Vesuviano; tra il 1690 e il 1815 il feudo si allargò fino a comprendere anche gli attuali comuni di Sarno, Striano e Poggiomarino dopo che Giuseppe I de' Medici acquistò dai Barberino il ducato di Sarno diventando così Principe di Ottajano e Duca di Sarno. Della famiglia dei de' Medici fece parte Luigi de' Medici, rappresentante del Regno di Napoli presso il Congresso di Vienna. La città, inoltre, che da sempre ha subìto danni dalle eruzioni vesuviane, in modo particolare fu quasi completamente sepolta dalle ceneri delle eruzioni del Vesuvio del 1631, 1779 e 1906. Secondo William Hamilton, durante la prima e la seconda poco ci mancò che Ottaviano "venisse sepolta come Pompei"; e così anche nella terza, come testimoniò Matilde Serao chiamandola la nuova Pompei, la opulenta Ottajano fu quasi completamente distrutta dalla cenere e dal lapillo. Anche il tetto della Chiesa Madre di San Michele Arcangelo crollò per il peso delle ceneri, fortunatamente senza uccidere nessuno. L'attuale Palazzo Mediceo occupa il sito di un antico "castrum" longobardo, un fortilizio destinato al controllo dell'ampia pianura nolana e di una strada fondamentale per il commercio del grano, risalente circa all'anno 1000. Situato nella parte alta di Ottaviano, esso è menzionato per la prima volta in documenti ufficiali relativi alla fuga di papa Gregorio VII, il quale vi stette mentre scappava dall'imperatore Enrico IV. Il palazzo ospitò nel corso della sua storia altri abitanti-feudatari illustri. Tra questi ci sono stati (nel XIII secolo) Tommaso d'Aquino, nonno del famoso santo e dottore della Chiesa, Gurrello Origlia (1408) e poi successivamente ai suoi figli Raimondo, Pietro e Giovanni fino al 1419, Fabrizio Maramaldo (dal 1532 al 1551), Cesare I Gonzaga ed il figlio Ferrante, prìncipi di Molfetta (dal 1551 al 1567), fino al suo passaggio alla famiglia dei Medici. L'edificio, paganto 50 mila ducati, fu trasformato in residenza signorile da Bernardetto de' Medici e dalla moglie Giulia de' Medici, che ne fecero affrescare le sale (XVI secolo). Giuseppe I Medici, che fu uno dei personaggi più significativi della Napoli vicereale sul declinare del secolo XVII e del potere spagnolo, avviò la trasformazione della cupa fortezza in un "palazzo di campagna": e qui visse molta parte della sua lunghissima vita. Ma fu Giuseppe II Medici a dare al "palazzo" la forma che ancora oggi possiamo ammirare. Gli allievi del Sanfelice e Luca Vecchione ingentilirono la facciata che dà sulla strada con serie di finestroni ma conservarono alla facciata che dà sul giardino interno la severità e la monumentalità del maniero aragonese. Le numerose stanze, che il principe Giuseppe III Medici ornò di soffitti e di pavimenti in maiolica e di affreschi del Mozzillo, si affacciano su due corti interne, la seconda delle quali era riservata a spettacoli teatrali e musicali. Giuseppe III fece completare anche la scuderia ed impreziosì il giardino con numerose piante esotiche. Alla fine del '700 il Palazzo de' Medici era certamente uno degli edifici più belli e innovativi: le sue forme si inserivano con armonia in un paesaggio, allo stesso tempo, sublime e pittoresco. L'eccezionalità di questa convergenza fu colta magnificamente nello splendido quadro del 1776, in cui I. Volare (o P. Fabris) rappresentarono, sullo sfondo della Montagna e del Palazzo, i novelli sposi Sigismondo Chigi e Maria Giovanna de' Medici, che, apprestandosi a partire per Roma, salutano il principe Giuseppe III Medici, fratello della sposa, e la moglie Vincenza dei Caracciolo d'Avellino. Nel 1892, venne ad abitare nel Palazzo, con l'amante del momento, Maria Gravina Cruyllas e con i quattro figli di lei, Gabriele D'Annunzio. Il castello fu ereditato dalla figlia di Giuseppe, Maria de' Medici, la quale sposò il duca di Miranda, diventando principessa di Miranda. Da allora il castello restò sempre in possesso di eredi femminili fino ad entrare in possesso della famiglia principesca dei Lancellotti di Lauro. Nel 1980, Donna Maria Capece Minutolo, vedova Lancellotti, vendette il palazzo per soli 270 milioni di lire ad una società che faceva capo al boss della camorra Raffaele Cutolo. Nel 1991 il castello fu confiscato in base alla legge Rognoni-La Torre. Dopo quattro anni, l'8 settembre 1995, venne affidato al Comune di Ottaviano, che ne ha dato il piano terra in comodato d'uso al Parco Nazionale del Vesuvio. Il suddetto Parco Nazionale del Vesuvio, dopo il restauro, ne ha fissato la sua Sede. Gli spazi aperti sono luogo preferito per la realizzazione di manifestazioni ed eventi culturali, artistici e turistici. Altri link suggeriti: http://www.pomiglianojazz.com/il-palazzo-mediceo-di-ottaviano/, https://www.youtube.com/watch?v=u76Vt6uQMkA (video di Pupia Campania), https://www.youtube.com/watch?v=wgU1H-qcmbY (video di Eligo #coltiviamoeccellenze), http://www.rainews.it/dl/rainews/TGR/media/Campania-torna-visitabile-il-castello-mediceo-di-Ottaviano-a8294258-ac13-4cf7-b3c9-253364e512f2.html.

Fonti: http://www.comune.ottaviano.na.it/pagina2330_la-storia.html, http://www.mondimedievali.net/castelli/campania/napoli/provincia000.htm#ottavian, https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_mediceo

Foto: la prima è presa da https://www.campaniasuweb.it/sapori/21906-vesuvinum-2013-tre-giorni-segno-eccellenze-vesuviane/, la seconda è presa da https://www.ottopagine.it/na/attualita/142798/ottaviano-riapre-il-piano-nobile-del-palazzo-mediceo.shtml

domenica 29 aprile 2018

Il castello di domenica 29 aprile



CARPANETO PIACENTINO (PC) – Castello di Badagnano

Il fortilizio (sul quale si hanno ben poche notizie) fu costruito con tutta probabilità nel 1383 (come si desume da un’epigrafe scolpita su di un'architrave della cantina). La sua funzione era quella di protezione e di difesa dell'accesso alla valle piacentina. Fu proprietà dei Dal Pozzo e dei Landi, passò poi alla nobile famiglia dei Forvici. Si sa che fra il XVI e il XVII secolo apparteneva ai Rossi (i quali possedevano anche una parte del Castello di Zena). Nel 1725 fu venduto a Francesco dei Tedaldi di Tavasca, ai quali rimase fino a inizi '800. Il castello è adibito ad abitazione privata. Vista la posizione e ciò che rimane della struttura originaria, il castello di Badagnano dovette essere una costruzione massiccia e poderosa. Risale al XIV secolo; ha subito molte manomissioni perciò al momento, è una abitazione rurale, pare solo una casa a torre come tante. In sasso, con un corpo abitativo più basso e la robusta torre quadrata che è stata decurtata nel tempo (ribassata di una decina di metri agli inizi del secolo scorso) e purtroppo è impossibile capirne l'estensione originaria. Si mantiene un edificio suggestivo. Altro link per approfondire: http://geo.regione.emilia-romagna.it/schede/castelli/index.jsp?id=1433.

Fonti: http://www.altavaltrebbia.net/castelli/val-chero/2191-castello-di-badagnano.html, http://www.valnure.info/it/castelli_e_torri/casa_torre_a_badagnano_di_carpaneto_sc_820.htm, http://www.comune.carpaneto.pc.it/servizi/Menu/dinamica.aspx?idSezione=616&idArea=16754&idCat=16802&ID=16802&TipoElemento=categoria

Foto: la prima è presa da http://www.visititaly.it/info/954055-castello-di-badagnano-carpaneto-piacentino.aspx, la seconda è di Solaxart 2013 su http://www.preboggion.it/Castello_di_CarpanetoPiacentino_Badagnano.htm

sabato 28 aprile 2018

Il castello di sabato 28 aprile



GROPPARELLO (PC) – Castello di Tavasca

Nel 1595 l’edificio risultava appartenente a Guido Antonio Pallastrelli e ai suoi fratelli. Il castello rimase alla famiglia dei Pallastrelli fino al 1651, anno in cui la camera ducale farnesiana confiscò tutti i loro beni posti a Celleri, Rezzano e Tavasca. Nel 1685 Ranuccio II Farnese investì del feudo di Tavasca Giacomo Tedaldi, medico di corte che il 13 luglio 1686 acquistò il castello per 5500 lire e lo fece ristrutturare. Nel 1888 la famiglia Costa fece demolire le torri circolari d'angolo e riempire il fossato del castello di Tavasca. Oggi l’edificio ha l’aspetto di un palazzo, ingentilito dal doppio loggiato del cortile, che conserva solo poche tracce della sua funzione iniziale. Di proprietà privata, non è visitabile.

Fonti: http://geo.regione.emilia-romagna.it/schede/castelli/index.jsp?id=1747, http://www.turismoapiacenza.it/comune_gropparello.html, http://www.valnure.info/it/tavasca/tavasca_sta_152.htm

Foto: entrambe prese da https://www.immobiliare.it/65497724-Vendita-Rustico-Casale-Localita-Tavasca-Gropparello.html

venerdì 27 aprile 2018

Il castello di venerdì 27 aprile





MARENE (CN) - Castello della Salza

Fu costruito a partire dalla seconda metà del ‘200 dalla nobile famiglia saviglianese dei Gorena. A inizio ‘300 passò ai Cambiani e verso la metà del ‘500 alla famiglia dei Cravetta di Villanovetta, che ebbe in Ajmone, celebre giurista, l'esponente più illustre e noto. Alla fine di quel secolo il castello fu sottoposto a radicali lavori di ristrutturazione e di ampliamento. Nel 1630, durante l’epidemia di peste, vi soggiornò il cardinale Maurizio, figlio del Duca di Savoia Carlo Emanuele I (morto di peste a Savigliano). Nel 1799 venne danneggiato dalle artiglierie francesi, durante le guerre napoleoniche. Con la scomparsa (all'inizio del Novecento) della famiglia Cravetta, il complesso passò ai marchesi Cuttica di Cassine e, successivamente, ai baroni Guidobono Cavalchini Garofoli. Le due facciate esterne dell’edificio si distinguono nettamente per stile, quella di ponente si presenta medievale in mattoni, mentre quella di levante è caratterizzata da un loggiato aperto che alleggerisce la struttura. Al piano terra si ammira uno spazioso ed elegante porticato a quattro arcate su cui si apre una porta barocca; al primo e al secondo piano vi sono due gallerie sovrapposte con arcate accoppiate in modo che ogni coppia di esse insiste su una delle arcate del piano terreno. Adiacente al castello vi è la Cappella della Madonna del Carmine e di San Biagio attribuita al famoso architetto Bernardo Vittone e fatta costruire nel 1757 dalla famiglia Cravetta, senza dubbi edificio di grande valore e pregio artistico. Il castello, oggi non visitabile, si inserisce negli itinerari marenesi che è possibile fruire a piedi e in bicicletta. Altro link suggerito: https://www.youtube.com/watch?v=_1R7P4TqMiA (video di Comune Marene).

Fonti: http://www.visitterredeisavoia.it/it/guida/?IDR=742,
http://www.visitsavigliano.it/tappe_poi/castello-della-salza/, http://www.comune.marene.cn.it/cultura-e-turismo/opere-di-interesse-artistico/castello-della-salza.html

Foto: la prima è di PiGi'Franco su http://mapio.net/pic/p-14523496/, la seconda è di Rosanna Cordero su https://mapio.net/a/64953084/?lang=ms

giovedì 26 aprile 2018

Il castello di giovedì 26 aprile




SECLI' (LE) - Palazzo Ducale

Sulle origini di Seclì sono state avanzate diverse ipotesi, ma nessuna può essere ritenuta quella certa a causa della mancanza di documentazione. Alcuni studiosi fanno risalire le sue origini ai tempi della guerra tra truppe romane e Pirro. Seclì sarebbe stato in questo caso un luogo di accampamento scelto dai romani. Secondo l'umanista Antonio De Ferrariis, detto il Galateo, il paese è stato fondato da alcuni fuggiaschi del casale di Fulcignano che, persa la battaglia con Galatone, si rifugiarono nelle campagne circostanti fondando nuovi centri. Il De Rossi crede invece che Seclì avrebbe avuto origine in epoca normanna. A questo periodo risale la prima documentazione storica e da questa si evince che faceva parte della Contea di Lecce, e che nel 1192, re Tancredi d'Altavilla concesse il feudo a Filippo de Ranna (o Filippo de Persona) con il titolo di barone. Nel corso del XIV e XV secolo la proprietà del feudo passò ai Brienne, ai d'Enghien e agli Orsini Del Balzo. Nel 1484, con l'occupazione della flotta veneziana di Gallipoli, Seclì fu invasa dai veneziani. Nella prima metà del Cinquecento si susseguirono i De Persona, i Del Dolce e i Caracciolo. Nel 1550 divenne feudataria di Seclì, con il titolo ducale, la nobile famiglia spagnola dei D'Amato giunta in Italia al seguito degli aragonesi. Nel 1686 passò ai Sanseverino, nel 1796 ai baroni Rossi, signori di Caprarica di Lecce, ed infine nell'Ottocento ai Papaleo. Nel 1861, con l'Unità d'Italia e con la nascita del Regno d'Italia, Seclì divenne un comune della provincia di Terra d'Otranto. Il Palazzo Ducale venne edificato nella seconda metà del XVI secolo dalla famiglia feudataria dei D'Amato, come testimonia l'affresco dello stemma ducale nei ritratti dei cinque duchi D'Amato con i rispettivi nomi, (vedi Francesco D'Amato con la consorte Caterina e i cinque figli tra cui la famosa Suor Chiara d'Amato) sul luogo di un preesistente fortilizio difensivo. Infatti, dalle spesse murature del pianterreno si capisce che il complesso è sorto su una fortificazione che, molto probabilmente, era abbastanza semplice: su una struttura quadrangolare dovevano innestarsi le torri angolari (quadrangolari anch'esse) due delle quali si collegavano alla cinta difensiva. Nel Cinquecento il palazzo subì alcune opere di ristrutturazione, tra le quali, quella dell'ala sinistra del portale d'accesso, la costruzione della loggia angolare, la sistemazione della serie di peducci della volta crollata e la costruzione di una finestra dalle linee cinquecentesche. Di questo periodo è anche la cappella a pianterreno, ricavata in un ambiente al quale si accede dal lato est del cortile. Settecentesca è invece la scalinata che dall'atrio conduce ai piani superiori, (costituiti da un ammezzato e da un primo piano di ampie dimensioni), terminando con un terrazzo sul quale si aprono finestre e porte settecentesche. Fu ristrutturato nel corso del Settecento in seguito ai danni subiti a causa del terremoto del 20 febbraio 1743. La dimora gentilizia si sviluppa su due piani con un piccolo cortile interno. Il piano inferiore è caratterizzato da ampi locali utilizzati come magazzini, stalle e dispense per la conservazione dei prodotti. È presente anche una piccola cappella. Da una scalinata settecentesca posta nel cortile si accede al piano superiore, adibito a residenza dei feudatari. Le stanze del piano nobile sono interessate da pregevoli affreschi. Di particolare rilievo è la cosiddetta stanza degli uomini illustri nella quale sono conservati i busti di alcuni imperatori romani: Giulio Cesare, Ottaviano, Tiberio, Nerone, Tito e Vespasiano. Fra gli imperatori romani vi è anche la figura di Carlo II d'Angiò, la cui presenza si giustifica col fatto che la famiglia D'Amato, di origine spagnola, era giunta in Italia al suo seguito. Nella sala con volta a schifo lunettata, sono rappresentati i cinque duchi D'Amato che si sono succeduti nel possesso del piccolo feudo; Sigismondo, Guido, Ottavio, Francesco e Antonio. Uno degli elementi più caratteristici del Palazzo è "la singolare loggia" che dagli esperti è ritenuta una delle soluzioni angolari più belle di tutta l'architettura del Salento. Questa soluzione angolare, ben visibile da largo Garibaldi, è costituita da 2 arcate ogivali che probabilmente contenevano 2 aperture; nei pressi dello spigolo dell'edificio la seconda arcata poggia su una cornice sorretta da 2 colonne. Sull'altro lato dello spigolo vediamo un'apertura quadrata, oggi murata, racchiusa da una cornice a bauletto e delimitata su ciascuno dei due lati da 2 colonne. Il palazzo, acquistato nel 1998, è di proprietà dalla locale amministrazione comunale. L'edificio è stato più volte soggetto ad ospitare le sagre tipiche del paese e le festività natalizie. Altri link suggeriti: scheda di Patrizia Gatto su http://www.mondimedievali.net/Castelli/Puglia/lecce/secli.htm, https://www.youtube.com/watch?v=MFBDGG4cWYk (video di tacuma2008), testo di Marcello Gaballo su http://www.fondazioneterradotranto.it/2010/07/21/il-palazzo-ducale-dei-damato-a-secli-lecce/

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Secl%C3%AC, http://www.comune.secli.le.it/territorio/da-visitare/item/palazzo-ducale (da visitare e leggere per intero, per approfondimento)

Foto: la prima è di Lupiae su https://it.wikipedia.org/wiki/Secl%C3%AC#/media/File:Secl%C3%AC_Palazzo_Ducale.jpg, la seconda è presa da http://www.salentoviaggi.it/salento/offerte-vacanze-secli.htm

martedì 24 aprile 2018

Il castello di mercoledì 25 aprile




PIEVEBOVIGLIANA (MC) – Castello di Beldiletto (dei Da Varano)

In località Pontelatrave sorge il Castello di Beldiletto, il cui appellativo risale al primo Rinascimento quando era abitudine attribuire nomi evocativi ai luoghi dove i Signori amavano trascorrere ore piacevoli. Tra il 1371 e il 1381 i Da Varano, signori di Camerino, costruirono, nella pianura sottostante a Pievebovigliana, il castello di Beldiletto, sontuosa e splendida residenza estiva della potente famiglia. In queste sale, riccamente affrescate, nel 1382 vennero ospitati Luigi I d’Angiò e Amedeo VI di Savoia, di passaggio su queste terre e diretti alla volta di Napoli. Nel 1419 il castello venne conquistato da Carlo Malatesta, signore di Rimini, in lotta con i Da Varano ed al suo interno vi tenne prigioniera Costanza Smeducci, seconda moglie di Rodolfo III. L’anno seguente il condottiero Bracco da Montone riuscì a riconquistare il castello restituendolo ai Da Varano. Nel 1436 il castello venne occupato da Francesco Sforza. Nel 1464 Giulio Cesare Varano lo trasformò in villa fortificata e lo arricchì con decorazioni e dipinti come era uso fare nelle ville dell’epoca (ad esempio quelle medicee). Tale intervento faceva parte di un processo generale di ammodernamento in senso umanistico della corte dei Da Varano che in quegli anni intrattenevano stretti rapporti culturali con la Toscana e con i Medici. Sono infatti documentati numerosi contratti e quietanze di operatori toscani che vennero a prestare la loro opera a Camerino. Anche altre fortificazioni del ducato furono trasformate in abitazioni signorili e luoghi di delizie perdendo il loro carattere prettamente difensivo. Alle pareti della sala grande del castello Giulio Cesare Varano volle realizzare un vasto ciclo di affreschi raffigurante di 60 personaggi a cavallo a grandezza naturale che ancora oggi è possibile ammirare, seppur il grave stato di degrado ed abbandono. tra essi sono riconoscibili Roberto il Guiscardo, suo figlio Ruggero, re di Napoli e Tancredi d’Altavilla. Soffitti e pareti furono altresì decorati con pitture e intagli rappresentanti pere e/o alberi di tale frutto. Secondo il Lili tale iconografia farebbe riferimento ad una passione amorosa di Giulio Cesare Da Varano per una gentildonna di nome dé Perozzi. Il 12 maggio 1468 papa Paolo II, con bolla emanata da Urbino, confermava alla persona di Giulio Cesare Da Varano la Signoria ereditaria sul territorio di Camerino. In tale atto, accanto alle terre e ai castra che facevano parte dell’antico Stato di Camerino, vengono annoverati tredici luoghi fortificati, tra i quali quello di “Beldelecti”. Nell`inventario fatto redigere da papa Alessandro VI nel 1502, dopo la conquista di Camerino da parte delle truppe del figlio Cesare Borgia (21 luglio), viene nominata anche la Rocca de Beldelecto. Nel 1510 vi soggiornò, con tutto il suo seguito, composto da sette cardinali e 200 uomini a cavallo, il papa Giulio II che, dopo la parentesi dei Borgia, aveva riconfermato i da Varano nel possesso della Signoria di Camerino. Nel 1520 il castello passò a Sigismondo Da Varano ed alla sua morte, avvenuta nel 1522, passò al figlio Egidio che sposò Ippolita Ranieri di Perugia. In epoca non precisata dalle fonti storiche consultate, il castello passò dai Ranieri alla famiglia Strada di Camerino, estintasi nel secolo scorso. Lo stesso castello di Pievebovigliana, oggi dominato dalla mole della chiesa di Santa Maria Assunta, di origine medievale, ma restaurata nel XVIII e nel XIX secolo e che racchiude la cripta romanica risalente ai secoli XI e XII, fu distrutto nel 1528 dalle truppe della duchessa Caterina Cibo, impegnata nelle lotte dinastiche per il controllo della signoria dei Da Varano. Dopo tale data il castello passò ad altre nobili famiglie, tra cui i Canni (o Cianni) di Serravalle, fino ad arrivare alla Paparelli di Muccia che l’ha tenuto fino al 1993 utilizzandolo come casa colonica, fienile e magazzino dell’azienda agricola. La sua struttura è rettangolare, con torri a base quadrata e con muro a scarpa in ogni angolo. In origine era circondato da un largo e profondo fossato alimentato dalle acque del fiume Chienti ed accessibile mediante un ponte levatoio che conduceva ad un androne con volta a botte. Al suo interno si apre una corte con un loggiato, con pilastri ottagonali e con archi a sesto acuto in pietra bianca e rossa. E’ difficile stabilire se il porticato appartenga alla costruzione originaria o se fu fatto costruire da Giulio Cesare Da Varano intorno al 1475. I caratteri gotici delle arcate potrebbero far pensare alla prima ipotesi ma non è escluso che possa trattarsi di uno stile tardo-gotico a quel tempo presente nella zona. A causa del violento sisma del settembre del 1997 che per giorni imperversò in tutta la zona, il castello subì parecchi danni e lesioni un po’ a tutta la struttura che hanno richiesto l’approvazione di un progetto di ripristino e ricostruzione delle parti lesionate. Nel 2002, a seguito di questi restauri, sono stati scoperti in alcune sale, nuovi cicli di pitture e nuove decorazioni. Nel mese di marzo dell’anno 2000 il Tribunale di Camerino dispose la vendita del castello ed il 9 febbraio del 2001 la società romana ‘Beni culturali’, un’immobiliare dell’imprenditore Franco Sensi, si aggiudicò per un miliardo e 10 milioni la gara di acquisto. La stessa società ha acquisito per 900 milioni anche 25 ettari di terreno attorno al castello. Dal 2012 il castello ed i terreni circostanti sono passati ad altro proprietario.

Fonti: http://www.comune.pievebovigliana.mc.it/castello-di-beldiletto/, http://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-beldiletto-pievebovigliana-mc/, http://www.sibilliniweb.it/citta/pievebovigliana-castello-di-beldiletto-xivsec/

Foto: la prima è presa da http://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-beldiletto-pievebovigliana-mc/, la seconda è una cartolina della mia collezione, la terza è presa da http://www.comune.pievebovigliana.mc.it/servizioalcittadino/index.php/le-torri/10-torri/63-castello-di-beldiletto

Il castello di martedì 24 aprile



VACONE (RI) - Castello

Le prime notizie del castello di Vacone risalgono al 1027 quando, Susanna, con il consenso del marito Attone, donò al monastero tutto ciò che aveva ereditato dal padre Landolfo e dalla madre Tassia nel castello di Vacone. Il castello cadde, agli inizi del XIII secolo, in potere di una famiglia nobile romana (Ogdolina) ma la popolazione reagì violentemente all'imposizione del dominio signorile tanto da spingere Papa Gregorio IX a riacquistarne i diritti, in modo da restituire pace e quiete alla comunità, ma anche all'intera Sabina. Il castello passò poi agli Orsini nel 1364 che successivamente lo lasciarono in eredita ai Caetani, che a loro volta lo vendettero al Conte Gaspare Spada. Il dominio di Gaspare Spada su Vacone fu costellato da una serie di vessazioni inflitte agli abitanti, obbligati, tra l'altro, a contribuire alle spese per la costruzione del palazzo baronale. Alla sua morte, avvenuta in Roma nel 1624, gli successe la vedova Virginia Mattei. Il castello fu poi venduto ai Caccia di Sant'Oreste, dai quali passò al marchese Angioletti. Il nobile bolognese nel 1658 la vendette a Guido Vaini, successivamente alla morte di quest'ultimo, il castello venne venduto al nobile reatino Antonio Clarelli. Il 18 novembre del 1816 il marchese Antonio Clarelli rinunciò ai suoi diritti feudali su Vacone che, con 283 abitanti, divenne appodiato di Torri tornando Comune autoctono nel 1827. Arrivati nella piazza del vecchio Municipio (ora Biblioteca comunale dedicata a Rutilio Renzi, sindaco di Vacone a cavallo degli anni ’50 e ’60 del secolo scoso) troviamo l’ingresso meridionale del castello, che occupa una posizione dominante nel poggio su cui sorge l’abitato di Vacone. L'edificio è oggi proprietà di un privato per cui è impossibile visitarlo al suo interno. Continuando a costeggiare a destra le mura del castello si giunge all’entrata nord: qui è possibile ammirare l’imponenza di un leccio secolare tra i più grandi e ben conservati della Sabina. Il castello è costituito da due edifici, una corte-belvedere e un giardino. È stato ristrutturato una decina di anni fa. L’edificio padronale è costituito da 2 piani fuori terra che insistono su una superficie di circa 350 mq. Il primo piano seminterrato (ex cantine), coperto da un soffitto con volte a botte, è stato utilizzato, per molti anni come ristorante e se ne conservano ancora le attrezzature. Il secondo edificio (di servizio), insiste su una superficie di circa 125 mq ed è diviso da quello principale da una corte interna. Si sviluppa su 3 piani e non ha piani seminterrati. L’estremità nord presenta una torretta di guardia accessibile dal 2 piano. Inoltre al primo piano e al piano terra ha un’appendice in cui erano sistemate le stalle e gli ambienti di servizio. Un cenno particolare merita il giardino esposto a nord, non grande, ma occupato per circa la metà della sua superficie dalla chioma eccezionale di un leccio plurisecolare che costituisce uno dei maggiori pregi naturalistici e ambientali offerti dalla zona. L’edificio principale è caratterizzato da grandi saloni coperti a volta o con soffitto in legno a cassettoni dipinti con decorazioni originali di un’eleganza severa. I pavimenti sono per lo più in cotto del’epoca. La copertura del tetto è con falde a padiglione e manto a coppi. Altri link consigliati: https://www.youtube.com/watch?v=JfOOqh60OD4 (video di Riccardo Tonnina), http://www.italiavirtualtour.it/dettaglio.php?id=94377 (visita virtuale esterna), http://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-vacone-rieti/

Fonti: http://cms.tp-srl.it/comune.vacone/index.php?option=com_content&view=article&id=28&Itemid=11, http://www.prolocodivacone.it/itinerari-culturali-e-monumenti/, https://www.icastelli.it/it/lazio/rieti/vacone/castello-di-vacone

Foto: la prima è presa da http://www.comune.vacone.ri.it/galleria_cultura/images/castello_jpg.jpg, la seconda è presa da http://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-vacone-rieti/

lunedì 23 aprile 2018

Il castello di lunedì 23 aprile



LOMELLO (PV) – Castello Crivelli

L'antica Laumellum fu un importante centro romano, forse preceduto da un insediamento preromano. I vecchi eruditi, basandosi su una supposta etimologia (Laumellum da Laevum mellum), lo attribuivano ai Levi, fondatori di Pavia insieme ai Marici. Alla fondazione potrebbero aver contribuito anche i Libìci, insediati nel Vercellese. Si tratta comunque di popolazioni Liguri piuttosto che celtiche. In epoca romana Laumellum fu noto soprattutto perché vi transitava la strada che da Piacenza, per Pavia, portava a Torino e ai passi alpini nelle Alpi Cozie. Il luogo è nominato in parecchi itineraria, che indicano la distanza di 22 miglia da Pavia; l'Itinerarium Burdigalense precisa che si tratta di una mansio, cioè di un luogo di sosta, non di una semplice mutatio (cambio di cavalli). In questo punto l'importante arteria superava il fiume Agogna. Lomello è anche citato da Ammiano Marcellino (XV.8.18), sempre a motivo dell'importante strada che vi passava: il futuro imperatore Giuliano viene accompagnato dall'augusto Costanzo II fino a un locum duabus columnis insignem, qui Laumellum interiacet et Ticinum (un luogo celebre per due colonne, che si trova tra Lomello e Pavia), e da qui, seguendo la nota strada, Giuliano prosegue per Torino. In epoca longobarda il luogo divenene ancora più importante, trovandosi sulla strada che da Pavia, ora capitale del Regno, portava verso la Francia. Qui avvenne nel novembre del 590 il matrimonio tra la regina Teodolinda ed il duca di Torino Agilulfo. Nella successiva epoca franca, nell'847, Lomello divenne sede di Comitato (contea). I suoi conti, nel 1001, divennero conti palatini e poi anche conti di Pavia. La città ben presto si ribellò alla loro autorità, costringendo i conti palatini ad asserragliarsi nei loro domini ereditari, difesi da potenti castelli: il loro staterello assunse allora una ben precisa identità, prendendo nome di Lomellina. Pavia, diventata ormai un potente Comune, negli anni 1140-1146 sferrò l'attacco finale contro i conti palatini, espugnando Lomello e costringedoli a stabilirsi in città. L'imperatore Federico I, se da un lato confermò a Pavia la supremazia sulla zona, dall'altro assicurò ai conti palatini la signoria su una serie di località, che appartennero poi ai vari rami in cui si divise nei secoli seguenti l'antica casata. Tra questi però non c'era Lomello, che rimase sotto il diretto dominio pavese, e poi dei Visconti; sotto di loro Lomello fu sede di podesteria. Il castello sorge sopra un rilievo del terreno nel centro del paese, con ingresso dalla piazza che ne prende il nome. Presidio fortificato di un abitato di grande importanza in epoca tardoantica e altomedievale, è probabilmente di origine assai alta, risalente forse al X secolo ma ha subìto vari rifacimenti, inizialmente nell'XI secolo, quando i conti palatini dominavano sulla Lomellina e quindi agli inizi del XV, allorché ormai queste terre facevano parte della signoria viscontea. Gian Galeazzo Visconti nel 1381 incaricò l'ingegner Giacomolo Albranelli di fortificare il Borgo con la sua rocca. Si deve intendere qui il castello detto "nuovo" dagli abitanti, nel quale lo stesso Gian Galeazzo incontrò i Duchi di Borgogna e di Touraine. Lomello fu saccheggiata da Facino Cane ed il castello subì seri danni, se pure non andò completamente distrutto. Nel 1449 Francesco Sforza, duca di Milano, dette in feudo, Lomello con Dorno, ad Antonio Crivelli con facoltà di cingere il Borgo di mura e fossato. Il Conte iniziò dunque l'opera di ricostruzione del Castello, cingendolo con un fossato ed alzando una torre a guardia del ponte levatoio. I suoi successori continuarono la sua opera e si ha notizia che, nel 1549, il conte Alessandro Crivelli, cardinale, nipote di Antonio, pagò 170 lire imperiali per marmi e colonne trasportati da Stradella a Lomello per il Castello; infatti il documento dice:"in opere arcis" (nei lavori della rocca). Sono con ogni probabilità le colonne dell'attuale loggiato del cortile interno del castello. Estintisi i Crivelli, la proprietà passò ai Corini. Nel 1923 l'avv. Angelo Corini, del quale si è fatto memoria nel breve excursus storico, lasciò alla sua morte, come legato, il Castello al Gerontocomio, da lui stesso fondato. Nel 1948 divenne sede del Comune e lo è tuttora. Alla fine del 1979 il maniero si trovava in uno stato precario: il tetto presentava una grossa falla; le mura portavano inequivocabilmente i segni della loro vetustà. Si rese necessaria una radicale opera di restauro. Fu rifatto il tetto, rispettando in tutto la precedente struttura; e negli anni 1981-1982, venne proseguita l'opera di restauro, provvedendo a consolidare le mura perimetrali esterne e le facciate prospicienti il cortile interno. I lavori hanno valorizzato il caratteristico motivo di mattoni a dente di sega (tipico dei fortilizi dell'area pavese e della Lomellina) corrente a guisa di nastro - e questa è una curiosità quasi unica - alla sommità della scarpa basamentale delle fronti meridionale ed occidentale. Oggi il complesso si compone di due edifici distinti: quello verso ovest, con pianta ad L, che appartiene al castello vero e proprio; e quello verso est, di epoca posteriore. L'edificio, presumibilmente a pianta quadrangolare, ha poi avuto successive integrazioni che ne hanno modificato l'impianto. Elementi significativi tuttora ben visibili sono l'alto elemento scarpato sono la torre posta sull'ingresso e recante le tracce del ponte levatoio ed il fossato; torre e fossato risalirebbero al 1450. Il portico sul lato occidentale, dal quale si accede alla scala, e i locali interni, sono dovuti a successivi rifacimenti. Due sale al piano rialzato recano soffitti a lunette decorati da affreschi cinquecenteschi assai pregevoli, forse di scuola veneta. Nella prima vi è un ciclo profano. Nella volta troviamo una immagine di donna che regge nelle mani una sfera celeste ed un compasso. La sua figura è inserita in un ottagono ai cui lati appaiono i nomi dei venti, secondo la rosa tradizionale, rappresentati da testine di putti in atto di soffiare. Sono poi raffigurate le stagioni con i relativi segni dello zodiaco. Nelle lunette laterali: i lavori dei campi nelle diverse stagioni. Gli affreschi sono di autore anonimo del 1500 e seguono la maniera dei pittori fiamminghi. Il paesaggio non è quello di Lomello, ma collinare o montano. I costumi dei personaggi sono di tipo nordico. Nella seconda sala, più piccola della precedente, è raffigurato un ciclo religioso, con la storia ed il martirio di Santa Caterina di Alessandria in Egitto, nelle lunette laterali, ed il Paradiso, secondo Dante, con i cieli, i beati, la Trinità, nella volta. Questa sala era, forse, una cappella privata, si pensa, del Cardinale Crivelli. Tutti gli affreschi sono da ricondursi all'opera di restauro, voluta dal Cardinale. Nell'attuale sala della Biblioteca è conservato il mosaico romano. Si può così ricostruire la topografia di Lomello nei secoli XVI, XVII e XVIII. La terra era cinta, in parte, da fossati e da mura, con porte, sopra una delle quali, nelle vicinanze del Castello, innalzavasi una piccola torre, detta torrino o colombaia. Questa torre era stata costruita, pare, dalla Comunità allo scopo di collocarvi un orologio; ma questo non avvenne, anzi la torre fu causa di contesa tra il Conte e la Comunità. I Crivelli, infatti, non vedevano di buon occhio quell'edificio, che, in caso di conflitto, poteva diventare molto molesto. A ponente della rocca scorreva una grossa roggia, di cui una parte riempiva la peschiera del Castello, e l'altra irrigava i campi del Comune, detti dal popolo "terrapieni". Il castello oggi è di proprietà comunale ed è adibito a sede municipale. Altri link suggeriti: https://www.icastelli.it/it/lombardia/pavia/lomello/castrum-e-castello-di-lomello, http://www.infolomellina.net/html/lomello.htm, http://www.preboggion.it/CastelloIT_di_Lomello.htm, https://www.youtube.com/watch?v=J1ajYZo7Zeg (video di Teodoro Parente).

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Lomello, http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1A050-00178/, http://www.comune.lomello.pv.it/territorio/monumenti/castello

Foto: la prima è una cartolina della mia collezione, la seconda è di Solaxart 2012 su http://www.preboggion.it/CastelloIT_di_Lomello.htm

sabato 21 aprile 2018

ecco dove sono stato....Orvieto






ecco alcune foto della fortezza albornoziana ad Orvieto. Ieri sono passato anche per Bolsena ma purtroppo, partecipando ad un viaggio di gruppo, non ho potuto vedere da vicino nè scattare foto al Castello dei Monaldeschi, sigh !

Il castello di domenica 22 aprile



ORVIETO (TR) – Fortezza Albornoz

Dopo il crollo dell'Impero romano d'Occidente, Orvieto divenne dominio dei Goti fino al 553 quando, dopo una cruenta battaglia e un assedio, fu conquistata dai Bizantini di Belisario. Successivamente, dopo l'istituzione del Ducato di Spoleto, divenne longobarda. Poco prima dell'anno Mille la città, posta sulla linea di confine dell'Italia bizantina, di cui costituiva un importante nodo strategico, tornò a rifiorire, espandendo il suo tessuto urbanistico con la costruzione di fortificazioni, palazzi, torri e chiese. Orvieto, sede residenziale delle corti pontificie in ripetute occasioni, è la Città del Corpus Domini: da qui, l'11 agosto 1264, papa Urbano IV istituì la solennità universale cristiana del Corpus et Sanguis Domini, celebrata in tutto il mondo cattolico. L'officio della messa fu redatto da San Tommaso d'Aquino, cattedratico nello Studium orvietano. Si costituì in Comune, ma anche se non faceva parte ufficialmente del patrimonio di San Pietro, si trovava sotto il suo controllo; per essere riconosciuto governo comunale ebbe bisogno di una dichiarazione di consenso da parte di papa Adriano IV nel 1157. Nel XII secolo Orvieto, forte di un agguerrito esercito, iniziò ad ampliare i propri confini che, dopo vittoriose battaglie contro Siena, Viterbo, Perugia e Todi, la videro dominare su un vasto territorio che andava dalla Val di Chiana fino alle terre di Orbetello e di Talamone sul mar Tirreno. In questa sua espansione, Orvieto si era fatto un potente alleato: Firenze (rivale di Siena) che ne aveva appoggiato l'ascesa. I secoli XIII e XIV furono il periodo di massimo splendore per Orvieto che, con una popolazione di circa trentamila abitanti (superiore perfino a quella di Roma), divenne una potenza militare indiscussa, e vide nascere nel suo territorio urbano splendidi palazzi e monumenti. Ma paradossalmente questa epoca vide anche il nascere di furibonde lotte interne nella città. Due famiglie patrizie, la guelfa Monaldeschi e la ghibellina Filippeschi, straziarono la città con cruenti battaglie che, insieme alle successive lotte religiose tra i Malcorini, filoimperiali, ed i Muffatti, papalini, indebolirono il potere comunale favorendo, nel 1354, la conquista da parte del cardinale Egidio Albornoz. In questo lasso di tempo altri avvenimenti, degni di nota, si erano registrati ad Orvieto:Papa Innocenzo III, dai pulpiti della chiesa di Sant'Andrea, aveva proclamato la Quarta crociata; nel 1281, nella stessa chiesa, alla presenza di Carlo I d'Angiò, veniva elevato al pontificato Papa Martino IV e, nel 1297, nella chiesa di San Francesco, avveniva la canonizzazione di Luigi IX di Francia, presente papa Bonifacio VIII. Dopo il cardinale Albornoz, Orvieto venne assoggettata a varie signorie: Rinaldo Orsini, Biordo Michelotti, Giovanni Tomacello e Braccio Fortebraccio per ritornare poi, nel 1450, definitivamente a far parte dello Stato della Chiesa, divenendone una delle province più importanti e costituendo l'alternativa a Roma per molti pontefici, vescovi e cardinali che vi venivano a soggiornare. I secoli XVII e XVIII furono periodi di tranquillità per la città. Sotto l'Impero Napoleonico assurse a cantone inserito nell'arrondissement di Todi passando una breve decandenza e riprendendosi più tardi, nel 1831, sotto la Chiesa, venne elevata a delegazione apostolica. Nella parte sinistra di Piazza Cahen sorge la Fortezza dell'Albornoz, fondata per ordine del Cardinale Albornoz, sotto l'ordine di Papa Innocenzo VI e su istruzione del condottiero ed ingegnere militare Ugolino di Montemarte. In epoca etrusca, nell'area in cui sarebbe sorta la Rocca si ergeva un tempio detto, dagli archeologi, Augurale. Nell'anno 1359 (o forse 1353 ?) il Cardinale Egidio Albornoz, legato di Papa Innocenzo VI e legato del Patrimonio, fece edificare la Rocca di S.Martino, presso S. Lorenzo delle Donne o delle Vigne, ossia presso il Camposanto. Dopo la vittoria militare e diplomatica del Cardinale, i suoi Capitani e i suoi Vicari non si sentivano tranquilli senza strutture fortificate e fu decisa la costruzione di una rocca addossata alla Porta Postierla o Soliana, detta poi Porta Rocca, sul limite orientale della rupe. Da tale porta, lungo un ripido percorso a piedi, si può giungere fino ad Orvieto Scalo oppure, da questo punto, iniziare il percorso a piedi dell’Anello della Rupe. Di forma ogivale a duplice arcata, secondo lo stile gotico di tardo Duecento, in una nicchia in alto della Porta Postierla, era custodita la statua di Bonifacio VIII del XIII secolo. L'anno dopo ne ebbe speciale incarico il Vicario della Chiesa, Angelo di Pietro dei Marchesi del Monte S.Maria: la Cronaca di Orvieto riferisce che il lavori iniziarono il 25 settembre 1364, a spese del Comune, e sotto la tutela del Conte Ugolino di Montemarte - architetto militare dell'Albornoz che vi fece le stesse "provvisioni" da lui fatte nel 1355 in quella di Ancona "la quale fu riputata e di habitazione nobil cosa fosse in Italia" - coadiuvato da Giordano del Monte degli Orsini, Capitano del Patrimonio (per l'occupazione dell'area necessaria, furono distrutti molti edifici importanti). Di forma quadrilatera, con un palazzotto contiguo alla porta e altre strutture di servizio lungo le mura, la rocca era protetta da un fossato con due ponti levatoi. Distrutta nel 1390 (da parte di Luca I Monaldeschi della Cervara che era in lotta con i Monaldeschi del cane), una nuova rocca fu ricostruita da Antonio da Carpi sul vecchio perimetro,con l'aggiunta di un rebellino circolare (1450-1452) e completata con la revisione di Bernardo Rossellino. Nel 1395 la Rocca venne quasi del tutto spianata dai Beffati. Nel 1413 Francesco I Orsini rafforzò il sistema difensivo della rocca ma, appena un anno dopo, le nuove fortificazioni non riusciranno a respingere gli assalti di Ladislao D’Angiò. Bonifacio IX e Martino V tentarono di ricostruire la rocca, ma vi riuscì Nicolò V come riferiscono Novaes e Pio II: "Item Nicolaus arcem quoque in angulo civitatis construxit (1449) quae nondum perfecta est, custoditur tamen, nec facile oppugnari potest, rupibus altis et fossis munita profundis." Quando Clemente VII, dopo il saccheggio di Roma, alla fine del 1527 si rifugiò ad Orvieto, affinchè non mancasse acqua alla città in caso d'assedio, fece scavare presso la rocca il notissimo pozzo artesiano detto di S. Patrizio (1528-1537). Già nella rocca trecentesca non si era sottovalutato il problema dell'approvvigionamento idrico, risolvendolo con una cisterna, perciò Clemente VII ordinò la costruzione di un altro pozzo ad uso esclusivo della rocca. Della progettazione fu incaricato Antonio da Sangallo il Giovane, l'architetto che si stava occupando delle fortificazioni della rupe e che aveva già fatto indagini metriche e sopraluoghi per localizzare le falde acquifere che sgorgavano ai piedi del masso tufaceo (una lapide posta di fronte all'ingresso meridionale ricorda il restauro del pozzo avvenuto nel 1712 a spese della Camera Apostolica, quand'era castellano della rocca Ludovico Lattanzi). La fortezza fu completata da Paolo II e Urbano VIII (1620) e fu poi restaurata da Alessandro VII, come mostrano le loro armi sulla porta d'ingresso e la seguente iscrizione:
ALEXANDER VII. PONT. MAX. MARIUS CHISIUS S. R. E.CAP. GENERALIS ARCE VETUSTATE COLLABENTE REFECIT ODOARDO CYBO GUBERNATORE REPARATAE SECURITATIS MONUM.POS. URBEVETANA CIVITAS ANNO SAL. MDCLVIII SCIP. MANCINO CONF ET IO PAUL AUGERIO CONS

Distrutta in gran parte nel 1831, nel 1888 all'esterno le furono riempiti i fossati per i lavori della Funicolare: fu ridotta a pubblico giardino, al cui centro è stato edificato un Anfiteatro diurno per spettacoli (con gradinate e un ordine di palchi usato principalmente per le corse dei cavalli), dall'orvietano Francesco Ricchi. Il 19 giugno 1882 furono celebrate nell'anfiteatro le onoranze funebri per Giuseppe Garibaldi a pochi giorni dalla sua morte. Oggi è l'attuale sede del parco-giardino pubblico e al suo interno ospita le interessanti le sculture in bronzo di genere surrealista dell’artista statunitense contemporaneo Jack Zajac, oltre alla casa natale di Luigi Barzini che fu noto ed apprezzato giornalista e scrittore. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=_lz3vidP7dE (video di Orvietoviva), https://www.youtube.com/watch?v=nvBZsDGh5-8 (video di In Orvieto).

Fonti: http://www.orvietoonline.it/orvieto_fortezza_orvieto.html, https://www.orvietoviva.com/fortezza-albornoz/, http://www.umbriaturismo.net/turismoumbria-it/piccoli-borghi/fortezza-dellalbornoz-orvieto/, https://guidaturisticaorvieto.it/2013/12/18/la-rocca-albornoz/, https://it.wikipedia.org/wiki/Orvieto

Foto: la prima è una cartolina della mia collezione, la seconda è presa da http://www.paesaggioitaliano.eu/galleria/umbria/orvieto-tr-104.html

venerdì 20 aprile 2018

Domani nessun castello

Ciao a tutti, sabato parteciperò ad una gita fuori Roma e andrò a...... ve lo dirò al mio ritorno, magari accompagnando la rivelazione con qualche foto :-)

Non avrò dunque tempo e modo per pubblicare post su castelli fino a domenica.

A presto

Valentino

Il castello di venerdì 20 aprile



CIVITALUPARELLA (CH) – Castello Caldora

Il primo riferimento ufficiale è del 1115, quando in una bolla di papa Pasquale II Civitaluparella viene citata fra i possessi della diocesi teatina. In seguito nel periodo angioino il paese fu proprietà di Raoul e Matilde de Courtnay, e nei primi anni del XIV secolo entrò a far parte dei vasti possedimenti dei Caldora. Il più illustre della famiglia, Giacomo Caldora, è responsabile delle migliorie difensive dell'edificio che poi venne definito castello e che decadde sotto la proprietà del figlio Antonio nella seconda metà del XV secolo, mentre questi combatteva Ferdinando I di Napoli. Zenobia Giudice Caracciolo, nel 1668, acquistò Civitaluparella e Montelapiano per 29.350 ducati. Il paese sottostette ai Caracciolo fino al 1806, anno dell'abolizione del regime feudale. Il castello, ormai ridotto allo stato di rudere, si ergeva sulla parte più alta del paese. I muri superstiti attestano come la costruzione fosse stata realizzata con un’apparecchiatura irregolare di pietre appena sbozzate e ciottoli spaccati di svariate dimensioni di calcare e arenaria, senza corsi di ripianamento, in cui sono ancora visibili numerose buche pontaie. Sebbene non vi siano dati certi sulla sua fondazione, il castello si suppone di origini molto antiche. Venne citato in una bolla di papa Alessandro III che nel 1173 sanzionava gli antichi confini della diocesi di Chieti. Nel XV secolo fu scelto come rifugio sicuro da Antonio Caldora, impegnato nelle sue imprese militari contro Ferdinando d'Aragona. In una foto databile ai primi anni del novecento o negli ultimi anni dell'Ottocento, è ancora visibile la base di una piccola torre del castello, molto probabilmente le ultime rovine del castello furono "saccheggiate" e si persero le tracce di questa torre. Una descrizione molto sintetica del castello risale al 1682 ed in essa vengono evidenziati alcuni dati: a quell’epoca l’edificio era disposto su due piani costituiti ognuno da nove camere. Al piano superiore esistevano due appartamenti: uno nuovo e l’altro vecchio. Quello vecchio aveva 4 camere l’una susseguente all’altra per la maggior parte in cattivo stato, tranne che nelle coperture. L’appartamento nuovo era costituito da cinque camere in buono stato con stipi a muro, cappella, sala e finestre con le inferriate. Esisteva anche una cantina, una stalla e la mangiatoia.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Civitaluparella, http://www.museocalliopecivita.it/territorio/dovera-il-castello, http://www.sangroaventino.it/immagini/news/Castello%20Caldora%20.pdf

Foto: la prima è di Zitumassin su https://it.wikipedia.org/wiki/Civitaluparella#/media/File:Castello_Caldora_Civitaluparella.jpg, la seconda è di Giovanni Lattanzi su www.inabruzzo.it

giovedì 19 aprile 2018

Il castello di giovedì 19 aprile




CASTAGNETO CARDUCCI (LI) - Forte di Marina di Castagneto

La costruzione del forte risale alla seconda metà del XVIII secolo. La struttura, ideata dall'ingegnere militare Deodato Raj, aveva, come i gemelli e coevi Forte di Bibbona (https://castelliere.blogspot.it/2014/03/il-castello-di-giovedi-27-marzo.html) e Forte dei Marmi (https://castelliere.blogspot.it/2012/05/il-castello-di-domenica-27-maggio.html), molteplici scopi: oltre a proteggere la costa dagli attacchi dei pirati, essa costituiva un avamposto per la vigilanza sanitaria e la lotta al contrabbando. Inoltre, la sua realizzazione era legata alla riforma del sistema doganale del Granducato di Toscana decretata da Pietro Leopoldo: infatti, il forte aveva la possibilità di vendere e avviare trattative per conto delle fattorie della zona, divenendo così un vero e proprio punto di riferimento per la spedizione di merci via mare. Con l'Unità d'Italia, nel 1862 fu istituita la Guardia di Finanza, che si insediò all'interno del fortilizio fino a quando, il 15 luglio 1977, non abbandonò definitivamente la struttura. Precedentemente, il Forte di Marina di Castagneto era stato affidato anche ai Della Gherardesca e al Comune. A partire dagli anni cinquanta del Novecento, attorno al forte si è sviluppato il moderno insediamento di Marina di Castagneto Carducci, che, durante il periodo estivo, è meta di un notevole afflusso turistico. Il complesso è composto da due corpi di fabbrica adiacenti. Il primo è costituito da un bastione rivolto verso il mare, caratterizzato da pareti inclinate a scarpa e cortina esterna di mattoni a facciavista, mentre il secondo è un fabbricato a pianta quadrata, a tre piani, dove in origine erano situati i locali del corpo di guardia e, al piano terreno, le stalle dei cavalleggeri; infatti, i cavalleggeri avevano il compito di ispezionare la costa muovendosi di avamposto in avamposto. Sopra il tetto principale dell’edificio è presente una torretta con copertura a falde inclinate. Per il monumento, che dal 2005 è in stato di abbandono, si intravede forse un recupero, come è scritto in questo articolo: http://iltirreno.gelocal.it/cecina/cronaca/2016/03/06/news/il-forte-di-marina-al-comune-oltre-2-milioni-per-il-restauro-1.13077219
Altro link suggerito: http://www.alphabeto.it/castagnetocarducci/Frazioni/forte.htm.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Forte_di_Marina_di_Castagneto_Carducci, https://www.borghiditoscana.net/forte-di-castagneto-donoratico/#

Foto: la prima è di Sailko su https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Forte_di_castagneto_carducci_03.JPG, la seconda è di Janericloebe su https://it.wikipedia.org/wiki/Forte_di_Marina_di_Castagneto_Carducci#/media/File:Castagneto_Carducci_Forte_001.JPG

mercoledì 18 aprile 2018

Il castello di mercoledì 18 aprile





PRADLEVES (CN) - Castello e Torre

Pradleves si sviluppa per circa un chilometro ai lati della strada provinciale alla sinistra del torrente Grana. Il toponimo trae la sua origine da" Prato Delexio" (1281), o da "Levesio", a sua volta derivante probabilmente dal nome personale "Laevicus". Nel1281 Pradleves è citato in un documento ufficiale. Sorto probabilmente quale feudo dei marchesi di Saluzzo e a lungo conteso tra questi e il comune di Cuneo, il borgo passò in mano cuneese nel XVI secolo, con l'estinzione della casa saluzzese. Rimane tuttora l'antico Castello dei marchesi di Saluzzo (XIII secolo) trasformato in albergo (a tal proposito rimando al seguente link: http://www.comune.pradleves.cn.it/index.php?module=contents&method=turismo). Il Palazzo del Municipio (1912) si rifà a modelli medioevali e in esso spicca l'alta torre. Altro link suggerito: http://www.ghironda.com/valgrana/pages/986113.htm

Fonte: http://www.ghironda.com/valgrana/comuni/pradl.htm

Foto: la prima, relativa al castello, è di alberto.52 su https://mapio.net/a/62737101/, la seconda (che riprende il palazzo comunale e la sua torre) è di Marco Ferrari su https://mapio.net/a/62737101/

martedì 17 aprile 2018

Il castello di martedì 17 aprile


 
CASTAGNETO CARDUCCI (LI) - Castello di Donoratico

Il castello di Donoratico, ubicato alla sommità di una modesta altura, fu costruito dalla famiglia Della Gherardesca, che nel XII secolo ne fece la propria dimora privilegiata. Tuttavia la struttura ha origini più antiche ed inizialmente, ancor prima del X secolo, era costituita dall'insediamento del monastero di San Colombano, di tipo ligneo di probabile fondazione longobarda e successivamente dipendente dall'XI secolo fra i possedimenti del monastero di San Pietro a Monteverdi. Ancor prima vi era una fortezza etrusca, come si può desumere dai ritrovamenti rinvenuti durante gli scavi. La funzione del maniero era quella di difendere questa parte delle coste dalle incursioni sanguinarie dei saraceni, dei pirati e dei nemici della Repubblica Pisana prima e, nel corso del 1400, Fiorentina poi. La prima cinta muraria in pietra che si estende lungo i margini della sommita del rilievo, di cui rimangono numerosi tratti a sud-ovest e sud-est, risale alla seconda metà dell'XI secolo. La pietra fu usata all'interno del recinto per la costruzione della chiesa castrense dedicata a San Colombano, provvista di un’unica navata e ampliata nel secolo successivo. Nel corso del XII secolo fu costruita una prima torre utilizzata come residenza fortificata dai Della Gherardesca, con solai lignei e copertura a volta in mattoni, in prossimità della chiesa insieme ad una nuova cinta muraria, più alta e più spessa, della quale restano ancora intatti alcuni tratti - sui versanti ovest ed est - e l’originaria porta principale a nord. L'area sommitale fu racchiusa in un secondo anello fortificato dotato di un’unica entrata aperta lungo il tratto sud-ovest. Anche la chiesa fu ampliata e abbellita. Nel secolo successivo fu costruita una nuova torre appoggiata alla preesistente. Fra il XIV e il XV secolo furono effettuati interventi mirati a fortificare le strutture preesistenti, costruendo in alcuni tratti dei muri a scarpa addossati al circuito murario, ma iniziò anche l'abbandono delle prime abitazioni. Il nucleo del castello fu fatto saltare nel 1447 dall'esercito di re Alfonso V d'Aragona durante la sua discesa in Maremma (in realtà quando Alfonso passò dalla via Aurelia la torre era già distrutta. Infatti sappiamo per certo che nel 1433 il colonnello Piccinino di Firenze per vendetta distrusse il grande castello di Donoratico, dividendo la torre a metà per tutta la sua altezza). Sotto i resti della chiesa venne ritrovato l'antico e veneratissimo Crocifisso ligneo quattrocentesco; trasportato a Castagneto Carducci, si vide la fondazione nel 1587 della chiesa del Santissimo Crocifisso. Del castello rimangono solo i resti e la torre, ristrutturata nel 1929. In tale occasione alcune pietre furono rimosse e trasportate a Castagneto Carducci, dove furono impiegate per la costruzione del campanile della propositura di San Lorenzo. Scavi archeologici hanno permesso di rinvenire tracce della pavimentazione in pietra e cotto ed i resti della chiesa. A breve distanza dalla torre sono situati i resti di necropoli e di alcune tombe etrusche. Ancora oggi la torre, l'elemento di maggior impatto del castello, si eleva per tutta la sua primitiva altezza con totalmente intatto il lato perimetrale sud e parte di quelli est e ovest. Sul lato est di essa si trova un'altra struttura i cui lati e aperture sono ancora ben leggibili. I due edifici rappresentano uno dei più importanti esempi di architettura medievale in questo territorio e costituivano la residenza signorile. Del borgo, distribuito concentricamente lungo i sottostanti terrazzamenti, sono identificabili tra la vegetazione e malgrado gli imponenti crolli, resti appartenenti agli edifici che lo costituivano. Durante i recenti scavi sono tornate alla luce pavimentazioni in cotto e pietra, i muri perimetrali della chiesa ed alcune colonne quadrate della sua navata. La leggenda vuole che il celebre conte Ugolino della Gherardesca, descritto da Dante Alighieri nel canto XXXIII dell'Inferno, abbia abitato in questo castello. Giosuè Carducci, particolarmente legato ai territori maremmani, citò la Torre di Donoratico nei versi della poesia Avanti! Avanti!, dando credito alla leggenda:

« Ricordi Populonia, e Roselle, e la fiera
Torre di Donoratico a la cui porta nera
Conte Ugolin bussò
Con lo scudo e con l'aquile a la Meloria infrante,
Il grand'elmo togliendosi da la fronte che Dante
Ne l'inferno ammirò? »
(Giosuè Carducci, Avanti! Avanti!)

Altri link consigliati: http://iltirreno.gelocal.it/cecina/cronaca/2017/11/12/news/torre-di-donoratico-viaggio-nel-tempo-a-bordo-di-un-drone-1.16105830 (video con drone), http://www.comune.castagneto-carducci.li.it/servizi-ai-turisti/luoghi-da-visitare/, http://www.fototoscana.it/mostra-flash.asp?nomeflash=c021, http://www.dellagherardesca.org/pdf/castello_di_donoratico.pdf, https://www.youtube.com/watch?v=ay5EgNPWNQg (video di Danilo Schiara)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Donoratico, http://www.castellitoscani.com/italian/donoratico.htm, http://www.alphabeto.it/castagnetocarducci/cultura/storia_torre.htm

Foto: la prima è presa da http://coop-era.blogspot.it/2014/04/ugolino-della-gherardesca-e-la-torre-di.html, la seconda è di loki_racer su https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Donoratico#/media/File:Castello_di_Donoratico.JPG

lunedì 16 aprile 2018

Il castello di lunedì 16 aprile



FRASSO TELESINO (BN) - Palazzo Gambacorta

Il suo nome deriva da terra frassorum o castrum fracti, probabilmente originato da fraxinus, l'albero raffigurato nello stemma civico. Con l'Unità d'Italia vi fu aggiunto l'appellativo di "Telesino" per distinguerlo dagli altri centri omonimi. Secondo la tradizione popolare il paese fu fondato da coloro che si salvarono alla distruzione di Telesia del 1349. Il comune è però ricordato secoli prima, in un documento del X secolo. Ai tempi di Carlo I d'Angiò era possedimento dei conti di Caserta. Nel 1317 passò a Diego de la Rath. Una sua discendente, Caterina de la Rath (italianizzata Della Ratta), fu spogliata del feudo alla fine del Quattrocento ma lo riconquistò nel 1509. Nel 1496 Frasso ospitò re Federico I di Napoli che firmò alcuni decreti in Terra Frassorum. La figlia di Caterina Della Ratta ebbe in dote il feudo che passò ai Gambacorta e quindi ai Pignatelli. Successivamente fu venduto ai de Ponte per poi tornare ai Gambacorta. Nel 1647, durante una sommossa popolare, fu ucciso il figlio del principe Gambacorta, implicato nella rivolta di Masaniello. Nel XVIII secolo passò ai Dentice e poi agli Spinelli che lo tennero sino all'abolizione del feudalesimo (1806). Dal 1861 fa parte della provincia di Benevento. Nel 1943 fu bombardata due volte dagli americani. Tra i principali monumenti di Frasso vi è il Palazzo Gambacorta, imponente e significativo edificio di più di 2000 mq, con ampio giardino. Il palazzo fu terminato nel 1741, in attuazione delle volontà testamentarie della Principessa Giulia Gambacorta (Napoli, 1598 - Frasso, 1663), quale Conservatorio per fanciulle civili povere. A dirigere l’Istituto si alternarono le Suore Teresiane (1741-1810), le Visitandine (1812-1919) e, dopo un periodo di gestione civile, le Suore Vittime Espiatici di Gesù Sacramentato (1940-1968). Dal 1974, per alcuni anni, è stato sede della Comunità Montana del Taburno. Attualmente è in completo abbandono.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Frasso_Telesino, http://www.eptbenevento.it/schedaAllaScoperta.php?codice=1059, http://www.comune.frassotelesino.bn.it/old/frasso.htm, http://www.mondimedievali.net/castelli/campania/benevento/provincia000.htm#frassotelgam

Foto la prima è presa da http://mapio.net/pic/p-12023071/, la seconda è presa da http://www.mondimedievali.net/castelli/campania/benevento/frassotel01.jpg

domenica 15 aprile 2018

Il castello di domenica 15 aprile



LECCE – Torre di Belloluogo

La torre di Belloluogo è una torre medievale costruita nel Trecento. Situata a Lecce, all'ingresso nord della città, fu voluta da Gualtiero (o da Ugo) di Brienne. Il complesso medievale è un importante esempio di architettura militare angioina. La torre di forma cilindrica e alta poco più di 14 metri, risulta essere ancora circondata dal fossato (profondo dai 6 agli 8 metri) originario pieno d'acqua sorgiva (è probabile la presenza di una sorgente proprio sotto la torre di cui è possibile notare il flusso dal ponte di accesso) che lo rende da secoli, in tutto il periodo dell’anno, completamente sommerso e funzionale alla difesa. Si notano facilmente alcune finestre caratterizzate da un arco a sesto acuto, tipico delle costruzioni gotiche. Nella parte superiore si aprono delle strette feritoie, o saettiere, da cui abili arcieri difendevano la torre. Fu dimora di Maria d'Enghien, contessa di Lecce e Regina di Napoli, nella quale vi trascorse gli ultimi anni della vita. In questa torre, la regina scrisse molto, amava spesso nell’epistolario fare riferimento alla vita sfarzosa, si, ma operosa, “in castro nostro Licii”, la Lecce di allora… Varcato il ponte d’accesso, probabilmente in origine levatoio, si accede alla porta d’ingresso. Il locale al pian terreno è caratterizzato da un interessante pavimento in pietra leccese che disegna un ottagono al centro della sala. L’ambiente più importante della torre è senz’altro la piccola cappella, voluta dalla regina Maria d’Enghien, sul cui muro, prima di accedere, c’è inciso il fiore a sei petali, noto come “fiore della vita”, conosciuto a diverse culture sparse per il mondo, e sul cui vero significato ancora non è dato sapere con certezza. Al suo interno la torre conserva alcune stanze e un'interessante cappella riccamente affrescata. Gli affreschi, della fine del XIV secolo, raffigurano scene della vita di Santa Maria Maddalena, i quattro evangelisti, un Cristo benedicente e sette profeti. Per il resto gli interni della torre sono molto spartani, si conservano ancora i camini e aguzzando la vista si distingue sulle pareti qualche graffito. Una strettissima scaletta a chiocciola di pietra separa i piani. Dall’alto della torre è ancora più bello osservare gli ambienti rupestri. In uno di questi, qualcuno ha voluto riconoscerci il ninfeo di Maria d’Enghien. In effetti, si tratta di un ambiente molto ben disegnato, decorato con capitelli a foglie d’acanto, ma non c’è alcuna certezza che si tratti del luogo dei bagni della regina. Altri link consigliati: http://www.torredibelloluogo.com/ (con varie foto), https://www.youtube.com/watch?v=qFwTkSy-fGI (video di TELE RAMA), scheda su http://www.mondimedievali.net/Castelli/Puglia/lecce/leccetorri.htm, https://www.youtube.com/watch?v=TbfnrgA0qPU (video con drone di onboardcamera_it)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Torre_di_Belloluogo, http://www.salentoacolory.it/la-torre-di-belloluogo-a-lecce/, http://www.japigia.com/le/lecce/index.shtml?A=belloluogo

Foto: la prima è di Roberto Leone, presa da http://www.salentoacolory.it/la-torre-di-belloluogo-a-lecce/, la seconda è presa da http://www.lecceprima.it/eventi/cultura/lecce-parco-belloluogo.html

sabato 14 aprile 2018

Il castello di sabato 14 aprile



LA SPEZIA – Castello San Giorgio

E’ una fortificazione militare genovese che sorge sulle alture della città della Spezia, (detto anche "colle del Poggio") ed è raggiungibile mediante la via XXVII Marzo la quale, oggi, attraversa le vecchie mura poste anticamente a difesa dell'abitato. Il nucleo originario del maniero, che è stato ricostruito nel corso dei secoli, sorse nel 1262 per volontà di Nicolò Fieschi (guelfo fuoriuscito dalla Repubblica di Genova), il quale volendo rafforzare il suo dominio nella zona, fece ampliare il vecchio forte già presente sul colle del Poggio. Ma nel 1273 le truppe della Repubblica genovese guidate da Oberto Doria, espugnarono, distrussero e saccheggiarono La Spezia battendo le truppe dei Fieschi. Nicolò Fieschi cedette tutti i suoi possedimenti alla Repubblica. Nel 1343 Spezia fu eletta Podesteria dal Doge di Genova Simone Boccanegra, ma la città venne nuovamente distrutta dalla Compagnia di ventura di Ambrogio Visconti che nel 1366 sconfisse le truppe dei genovesi. Nel 1371, per concessione del Doge Domenico da Campofregoso, si arrivò all'unificazione della Podesteria della Spezia con la Podesteria di Carpena. Si assistette così, alla fine del XlV secolo, alla riedificazione del castello sui resti del precedente e alla costruzione delle nuove mura difensive, arricchite da cinque torri e cinque porte. Della cinta muraria oggi rimane una testimonianza di circa trecento metri. Nel breve tratto si possono osservare ancora le caratteristiche merlature ghibelline e il cammino di ronda delle guardie. Il percorso delle antiche mura forma una cinta rettangolare che scendeva verso l'attuale via Biassa e, seguendo l'odierna via Colombo e passando per la via Sapri, ripiegava verso la chiesa dei Santi Giovanni ed Agostino risalendo verso il forte. La cinta muraria però provocò un grosso problema per la comunità spezzina: escluse completamente l'edificio della chiesa di Santa Maria, la quale venne sacrificata e demolita nel 1436, al fine di scongiurare una facile incursione da parte delle truppe viscontee, per poi essere ricostruita successivamente all'interno del perimetro difensivo. Le lotte tra i Genovesi e i Visconti portarono, nel 1443, a ricostruire il tracciato delle mura, includendo la cattedrale all'interno della cinta, nell'intento di salvarla dal saccheggio delle truppe viscontee di Niccolò Piccinino. Nel 1606 il castello fu nuovamente modificato e ristrutturato mediante la costruzione della fortezza superiore ad opera dei genovesi, che in quel periodo costruirono altre fortezze e castelli nell'area del golfo (come Portovenere e Lerici), al fine di aumentare le difese dei possedimenti. Nel 1609 la guarnigione venne rinforzata, raggiungendo l'organico di venti unità: un capitano, due bombardieri, un tamburino e sedici soldati. Con decreto del 26 ottobre 1609 venne data al castello un'importanza di rispetto: il castellano che doveva essere un nobile, non poteva uscire all'esterno della fortezza pena la morte. Il titolo di Capitano della Spezia venne sostituito con ordinanza datata 30 aprile 1757 con quello più prestigioso di Governatore. Il primo di questi fu Gio Batta Raggi, che assunse il titolo il giorno 1º maggio dello stesso anno, giorno in cui solevano assumere la nuova carica i Capitani che si susseguivano. Con il Regno di Sardegna vennero riorganizzate le opere difensive del territorio spezzino. Il castello di San Giorgio venne ceduto all'Amministrazione comunale e addirittura nel 1885 rischiò di essere demolito per costruire nella sua area il nuovo ospedale civile. Il luogo era particolarmente gradito dal professor Pagliani, direttore generale della Sanità pubblica. Fu perfino bandito un concorso nazionale per il progetto che fu in seguito accantonato sia perché troppo costoso che per l'intervento dell'Ufficio regionale per la conservazione dei monumenti che diede il suo parere negativo alla demolizione. Il nuovo ospedale venne quindi costruito sulla collina di San Cirpiano, sede dell'attuale ospedale Sant'Andrea. Nel pomeriggio del 28 settembre 1907 il pittore Felice Del Santo, mentre stava dipingendo all'interno della fortezza, asserì di aver visto un drago o un grosso lucertolone. Nel 1934 il Comune si preoccupò di avviare alcuni lavori di restauro, grazie anche al sollecito interesse ed impegno del direttore della biblioteca civica, Ubaldo Formentini. Ma il grosso lavoro di recupero e restauro del complesso venne avviato nel 1970 da parte della Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici di Genova e Pisa. Effettivamente i lavori iniziarono nel 1985 per concludersi solo nel 1998. Oggi il castello San Giorgio, dopo l'accurato restauro durato più di un decennio, è stato restituito agli spezzini ed alla collettività nel suo antico splendore. Proprio per questo, l'amministrazione comunale del tempo ha deciso di trasferirvi al suo interno le collezioni archeologiche civiche del Museo "Ubaldo Formentini" (http://museodelcastello.spezianet.it/), prima sistemate nei vecchi e inadeguati locali retrostanti la Biblioteca "Mazzini" di corso Cavour. Il museo conserva le preziose 19 statue-stele antropomorfe in arenaria risalenti alle età del Bronzo e del Ferro, modellate dagli antichi abitatori della Lunigiana; notevole anche il materiale di scavo rinvenuto nell’area dell’antica Luni, nonché i reperti da necropoli liguri dello Spezzino meridionale e oggetti di varia provenienza, donati da privati. Il castello è anche sede di manifestazioni culturali e spettacoli, soprattutto nel periodo estivo; la terrazza offre un panorama d’eccezione sul golfo, sulla città e sul suo porto. L'attuale aspetto del castello evidenzia nella parte superiore del castello tessuti murari medioevali inglobati in strutture successive. Un elemento a pianta quadrata di 5,50 metri di lato, si ritiene possa essere la torre del primitivo apprestamento altomedievale, probabilmente il maschio del sistema difensivo. La cinta muraria trecentesca, realizzata in conci di pietra disposti a filaretto con elementi angolari squadrati di maggiori dimensioni, comprensive di sottili feritoie verticali per arcieri, è tuttora parzialmente visibile. Il castello conservò la facies medioevale fino alla metà del quattrocento quando, con l'introduzione delle artiglierie, iniziarono ad essere costruite murature di forte spessore, di minore accuratezza costruttiva, con profilo a scarpa, caratterizzate da feritoie per armi da fuoco per il tiro radente. Gli ambienti interni, coperti con volte, risalgono ai primi del 1600, periodo in cui fu aumentata la resistenza passiva alla caduta del proiettili da bombarda mediante il riempimento dei muri perimetrali con terra bagnata bene battuta. I due bastioni maggiormente esposti, ad est e nord-ovest, furono interamente rivestiti con un nuovo apparato murario tuttora osservabile. Sotto l'ingresso del castello, in corrispondenza della parte più antica del complesso, sono visibili i resti del battiponte, situati nello spazio a verde antistante. La fortificazione possiede due ingressi, uno a nord e uno a ovest sul quale erano posti l'emblema di Genova e l'effigie di San Giorgio. Altri link utili: https://viaggi.fidelityhouse.eu/castello-di-san-giorgio-spezia-61778.html, https://www.youtube.com/watch?v=iDQjVIBAIkE (video di DomVids), https://www.youtube.com/watch?v=VvVUTMUzNdo (video di Places to see in).

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_San_Giorgio, http://www.culturainliguria.it/cultura/it/Temi/PercorsiProposte/itinerariVisita/Castelli.do;jsessionid=2C9349BE7AA7F7BC10ECD372331E3076.node2?contentId=29980&luogo=true&biblio=false, https://www.icastelli.it/it/liguria/la-spezia/la-spezia/castello-di-san-giorgio-a-la-spezia, https://www.touringclub.it/destinazione/9244/museo-del-castello-di-san-giorgio

Foto: la prima è di Fabio Polosa su https://shop.fabiopolosa.com/products/liguria-san-giorgio-castle-in-la-spezia?variant=1020404727826, la seconda è presa da http://www.ilsecoloxix.it/p/la_spezia/2017/08/19/ASVNCPyI-positiva_spezzino_stagione.shtml